Responsabile

Leo Alati

Il viaggio di Nita

Racconto di Silvano Nuvolone

Nita aveva gli occhi grandi, così grandi da non sembrare bella, eppure bella lo era, con quei capelli neri scolpiti a riccioli, quel sorriso chiaro come una cascata di sorgente e quelle labbra minute e rosse, come fragole selvatiche.

Anche quella mattina si era svegliata che il sole era già alto, dalla finestra socchiusa una brezza tiepida scivolava nella stanza, portando profumi.

Mordicchiando un biscotto, si avvicinò e la aprì completamente, lasciando che il tepore di quell’estate bambina l’avvolgesse.

Sua madre era uscita presto, per le solite compere ed era sola, sola in quell’angolo di vita che chiamava casa; camera ,cucina, bagno.

Da tre anni, il suo solo mondo.

Non ricordava molto di quello che era successo prima, soltanto buio, un affannarsi di persone intorno e silenzio.

Poi, quella camera, cucina, bagno; ed il mondo che correva, come al solito, mentre sua madre fioriva di rughe.

Ogni giorno, ogni stagione, ogni estate.

Camera, cucina, bagno.

Non aveva più voluto uscire, aveva voluto dimenticare i sogni, scordare ogni cosa, cancellare volti e suoni, sbarrare tutte le porte, anche quelle del cuore.

Non era stato difficile, in fondo. Come chiudere gli occhi.

Quella mattina però, c’era qualcosa di diverso nell’aria, qualcosa che la costringeva a non accostare la finestra, che la invitava a respirare, forse a sognare di nuovo.

Nella strada di fronte, tre piani sotto, una comitiva di ragazzi si preparava a partire, fra un vociare allegro e la musica dell’ultimo successo che si propagava ad alto volume da una radio.

Nita si volse a guardare il calendario.

Anche il tempo per lei non aveva più importanza.

Camera, cucina, bagno.

Vide che era sabato, un sabato di fine giugno, ideale per una gita di fine settimana.

La comitiva partì, mentre risate e musica diventavano già ricordo.

La ragazza guardò il lungo viale verde che iniziava poco lontano dalla strada, invitante e tenero di colori.

Immaginò la frescura, le fragranze delicate, la luce del sole che si trasformava in colore, attraversando rami e foglie.

Camera, cucina, bagno.

Era giunto il tempo di partire.

Una decisione improvvisa, immediata, quasi un’ispirazione; così come improvvisa arriva la voglia di scrivere una poesia, senza dover pensare troppo, arriva e basta.

Non aveva molto tempo, doveva muoversi prima dell’arrivo di sua madre.

Lei non avrebbe capito, non l’avrebbe lasciata andare sola.

Cominciò a preparare i bagagli.

Pochi ma pesanti.

Prese un ricambio di coraggio, due misure d’incoscienza, un buon peso di tenerezza, due grani di forza, un’ombra di ricordi e un ombrello, per la pioggia.

Non le sarebbe servito altro.

Posò l’ombrello; pensò che non l’avrebbe mai usato, avrebbe voluto sentire la pioggia scivolare sulla pelle, dolce e viva, come non l’aveva sentita più.

No, l’ombrello non l’avrebbe preso.

Cercò le sue chiavi di casa e le trovò, abbandonate sul fondo di un cassetto.

Un biglietto per sua madre, questo non l’avrebbe dimenticato.

Scrisse con la sua calligrafia elegante: “ Torno presto.”.

Inutile dire di più, inutile.

In quella breve frase c’era tutto il suo mondo e tutta la sua voglia di tornare a viaggiare.

Uscì sul pianerottolo deserto ed entrò in ascensore.

Usò una briciola di coraggio, ma era sicura di averne ancora, nella valigia.

Ancora nessuno ad attenderla, al piano terra; soltanto una vetrata ampia, dove il sole alto era padrone di tutto.

Aprì con un po’ di fatica la porta d’ingresso e fu in strada.

Scacciò un senso di vertigine e usò il coraggio di ricambio restante; forse avrebbe dovuto prenderne di più, ora avrebbe dovuto farselo bastare.

Pochi metri e fu davanti al viale, quasi una galleria verde, ricca di rumori e profumi.

La luce entrava a stento, facendosi largo fra rami e foglie e colorando tutto l’intorno delle tinte allegre della vita.

Le mani leggere di Nita stringevano la sedia a rotelle, mentre le nocche si facevano chiare dallo sforzo.

Consumò un grano di forza e l’ombra di ricordi, poi cominciò a spingersi.

Il viale era in leggera pendenza e, dopo poco, il moto fu più agevole, quasi un gioco.

Ma non era un gioco, era il suo viaggio.

“Forse, fra poco scenderà la pioggia” Pensò, assaporando ogni istante.

Spinse lo sguardo fra i rami fitti, dove l’azzurro era un ritaglio di mosaico.

Vide qualche nube leggera veleggiare in quel cielo di giugno; sembravano avanzare lente, verso il suo stesso orizzonte.

“ Ed io ho lasciato l’ombrello a casa...”

Buon viaggio, Nita.

14 settembre 2015

 

© 2012 La Risaia   La voce dei riformisti vercellesi

Webmaster & Design by Francesco Alati

Home