Responsabile

Leo Alati

Incontri

Si era messa in testa che voleva contare le nuvole. Aveva anche un quaderno, dove segnava che tempo faceva, ogni giorno, quante nuvole c'erano state e che forma avevano.

L'idea le era venuta in un giorno in cui il cielo era terso e di quelle macchie candide non c'era traccia.

Un bel modo per cominciare.

Ogni giorno usciva da scuola, dopo aver passato la mattinata a non dare peso agli sguardi dei suoi compagni, e andava dritta al parco. Si sdraiava e iniziava a fissare quell'azzurro infinito, azzurro come i suoi occhi di ragazza, che voleva restare bambina.

A lui piaceva scrivere, ma non ci riusciva.

Leggeva, leggeva tantissimo e si perdeva in quelle pagine, in quelle parole, parole di altri che lo descrivevano alla perfezione.

Si chiedeva come dei semplici segni sulla carta potessero suscitare così tante emozioni, come potessero avere un così grande impatto, entrare nel cuore.

Provava a scrivere, ma qualsiasi cosa tentasse di raccontare non riusciva a finire nulla, lasciava tutto a metà.

Si conobbero seduti ad un tavolo di legno, in una giornata di pioggia, in cui le nuvole non si potevano contare, ma era l'ideale per leggere Kerouac in quel bar affollato.

Lei si sedette perchè non trovava altro posto.

'Posso sedermi li, vicino alla finestra? Sai, volevo guardare il cielo'

Lui incontrò il suo sguardo e lo vide nei suoi occhi, il cielo, il mare, ma soprattutto le nuvole.

'Certo, siediti pure, oggi c'è davvero tanta gente'

Stettero seduti l'una di fronte all'altro per alcuni minuti, minuti che sembrarono un'eternità, minuti in cui lui cercava di capire qualcosa ma ogni volta i suoi occhi volavano dalle pagine a lei.

Fu proprio lei a rompere il silenzio.

'Diamine, un giorno sprecato. E dire che ci sono anche, ma non riesco a distinguerle, non saprei dire quante sono esattamente. Dovrei uscire ma poi mi ammalerei come l'ultima volta e non posso permetterlo..'

In realtà parlava più a se stessa che con lui, ma il ragazzo colse al volo l'occasione.

'Di che parli? Cos'è che non riesci a vedere? Forse posso aiutarti.'

'Le nuvole. Devo contare le nuvole'

Lui rimase immobile e non sembrò provare nessun tipo di stupore, o almeno, fu bravissimo a non darlo a vedere.

'Domani dicono che sarà una bellissima giornata, probabilmente riuscirai a contare anche quelle che non hai contato oggi, vedrai.'

Lei sembrò non averlo sentito.

'Io sono Lorenzo'

'Lisa'

Lisa. Un nome leggero, che si alzava lentamente dalle sue labbra per posarsi su quelle di lui.

'Si sta schiarendo, se vuoi possiamo andare in posto dove potrai vedere bene il cielo, ne conosco uno che fa al caso tuo'

'Dovrei fidarmi di uno sconosciuto che origlia i discorsi che faccio con me stessa?'

Quella frase lo spiazzò, rimase a bocca aperta quando lei lo precedette con un sorriso: ' Scherzo, so chi sei, ti vedo ogni giorno al parco. Scrivi per ore su pezzi di carta che volano ovunque e poi li stropicci e li butti via. Il netturbino avrà da leggere ogni giorno qualcosa di nuovo.'

Lui questa volta non riuscì a trattenere la sua reazione.

'So che non mi avevi mai notata, sei sempre così concentrato sulle tue parole. E poi comunque nessuno mi nota mai, tranquillo.'

Lui le sorrise, non sapeva che altro fare.

'Allora? Questo posto magico? Non mi dire che hai già cambiato idea' Disse lei alzandosi.

Lui fece cenno di no con la testa e, senza smettere di guardarla stupito, la seguì fuori dal locale.

Aveva smesso di piovere, e nell'aria c'era odore di cemento bagnato, di appuntamenti mancati e di ombrelli lasciati ad asciugare nei cortili.

Lisa respirò a fondo mentre Lorenzo la precedeva, conducendola verso la sua macchina.

'Ti fidi di venire in macchina con questo pazzo scrittore fallito?' Ma lei era già sul sedile del passeggero, sorridente e bellissima.

La collina non era lontana dal centro e ci misero poco a raggiungerla, si sedettero sulla panchina e si lasciarono trasportare dall'atmosfera che si era creata.

Un enorme arcobaleno si stagliava di fronte a loro, e il cielo, ormai azzurro dopo la pioggia, emanava una sensazione di felicità e calma che scuoteva l'anima.

'E' stupendo qui, grazie per avermici portata. A volte seguire i giovani scrittori in erba si rivela la cosa giusta'

'Vengo qui per cercare l'ispirazione. Sai, un po' come la panchina di Leopardi, solo che qui non c'è la siepe e pensavo di poter vedere l'infinito senza dover scavalcare nulla. Mi sbagliavo, non mi chiamo Giacomo e le idee non arrivano

'Credo di non avere talento, sai? Mio padre ne ha, lui mi ha iniziato alla lettura, fin da piccolo mi leggeva i grandi classici, poesie e anche i suoi scritti. Scrive benissimo, mi sa che ho preso i geni sbagliati.'

Quando finì di parlare, pensò che quelle cose non le aveva mai dette a nessuno, mai confessate, e sentirle dette ad alta voce gli  fece uno strano effetto, quasi di vuoto.

'Non so perché ti dico queste cose, non ti conosco neanche'

'Forse è proprio il motivo per cui me le racconti' Rispose lei.

'La maggior parte delle volte non raccontiamo i nostri problemi alle persone care, non chiedermi perché, semplicemente non lo facciamo. Ma quando incontriamo qualcuno che non ci conosce per nulla, gli mostriamo subito la nostra parte più debole, le nostre preoccupazioni. Come a dire << Questo è il mio io più fragile, se lo accetti forse accetterai anche il resto di me >> Strani soggetti, gli esseri umani, non trovi?'

Lui la guardò stupito per la seconda volta quel pomeriggio.

'Parli molto, non è così?'

'Si, non mi ascolta mai nessuno. In classe sono quella strana, quella che sta sempre in disparte.'

'Quella che conta le nuvole'

'Già, quindi se trovo qualcuno che mi ascolta mi piace parlare, tutto qui. Non ho molti amici..a dire il vero non ne ho nessuno.'

'Questa è la tua parte più debole, giusto?'

'Giusto! Vedi? Ciò conferma la mia teoria.'

Rimasero in silenzio ad osservare il paesaggio.

'Perché conti le nuvole?' La domanda gli venne spontanea e se ne pentì subito.

Lei però non si offese.

'Perché mi voglio illudere di avere uno scopo nella vita. Sai, non so fare praticamente nulla, e mi sono trovata questa cosa. E mentre lo faccio mi sento bene, e poi non le conto soltanto. Le osservo, le ammiro cambiare forma e mi immagino milioni di storie. Principi e principesse, orchi, streghe. Ma anche semplici persone, come me e te, che si incontrano e si guardano dentro.'

L'ultima frase la disse guardandolo fisso negli occhi.

Lei, in quel momento, lì, davanti al verde del prato, all'arcobaleno e a tutto ciò che la circondava, si rese conto di non essere più sola.

Lui, guardandola, realizzò che sarebbe stata la storia che finalmente avrebbe concluso.

 

Roberta Nuvolone

(29 marzo 2016)

 

 

Roberta Nuvolone è nata a Casale M. nel 1996. Diplomata al Liceo Linguistico, attualmente frequenta il primo anno all'Università di Novara del corso di Laurea in scienze infermieristiche.

Accanita divoratrice di libri, è una fans di Herry Potter e, in campo musicale, di Eros Ramazzotti. Da qualche tempo scrive racconti brevi, che narrano vicende legate alla condizione giovanile, ma anche ai sogni e alle emozioni dei ragazzi di vent'anni. Questo è il primo racconto pubblicato.

 

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