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Leo Alati

Checco Zalone, il posto fisso e i soliti clichè

Sempre la solita frase che riecheggia per tutta l’ora e ventisei della pellicola che sta facendo impazzire gli italiani: “il posto fisso è sacro”. Meglio un posto fisso, anche se comporta lasciare la propria città natale, anche se comporta arrivare a Roma, lavorare a Lampedusa e qui decidere di concedere il lasciapassare agli immigrati che sanno giocare a pallone piuttosto che quelli laureati. Mai rinunciare al posto fisso anche in Val di Susa, anche se bisogna sopportare il mobbing dei colleghi sardi, addirittura se comporta andare al circolo polare artico, anche se comporta rischiare l’esaurimento nervoso per sopportare gli inverni di sei mesi. E perché non toccare anche la Sicilia. Convivere con la mafia senza alcun ideale ma solo per il posto fisso. Bel ritratto dell’Italia. Come si canta in sottofondo “I am an Italian boy” “mafia, pizza e maccheroni”. Posto sicuro è uguale a malattia pagata, indennità fuori sede, aspettativa, permessi sindacali, tredicesima, che spiegata a un africano è come se a dicembre con una freccia ammazzi due cinghiali.

E non finisce qua. In “Quo Vado” abbiamo neri con l’anello al naso, donne che devono pulire e che se diventano dirigenti è solo per volere di qualche ministro, disabili contenti di esserlo perché ciò assicura il posto fisso, vecchietti rimbambiti in Val di Susa che non vogliono l’alta velocità, i vegetariani definiti omossessuali. Checco non perde una minoranza. Un continuo di battutacce e luoghi comuni. Un terrificante ritratto dell’Italia. Per chi vive la propria vita pensando di essere un’eccezione, per chi fa il proprio lavoro con dedizione e passione e serietà senza arrivare a lavoro a mezzogiorno perché tanto il cartellino lo timbra il collega, per chi vive la propria vita pensando che non si debba fare di tutta l’erba un fascio, per chi ha degli ideali questo film diventa un incubo.

Qual è l’obiettivo di questo film? Facci credere che il dipendente pubblico sia un mostro succhia soldi, una sanguisuga? A che pro? Forse per giustificare il blocco dei contratti e per dimostrare che privato è uguale a efficacia ed efficienza. Non dimentichiamoci che “Quo Vado” è prodotto da Mediaset (ops!), che non rinuncia a interi palinsesti televisivi sul “fenomeno Zalone”. Successo assicurato quindi nel fare “ironia” sul posto fisso, essendo analfabeta di economia. Un film che non crea dibattiti sul posto fisso (il che gli avrebbe dato almeno una nota positiva) ma solo sul successo di Zalone.

Articolo di Valentina Bombardieri pubblicato sul blog della Fondazione Nenni l'11 gennaio 2016

 

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