L’8 settembre della borghesia italiana
Una disfatta che dura fino a oggi
Settant’anni
fa, l’8 settembre, l’Italia ha vissuto la pagina più
vergognosa della sua storia. Forse non è giusto dire:
l’Italia. E’ più esatto precisare: la classe
dirigente italiana. Perché invece ci furono grandi
porzioni del popolo italiano che in quello stesso giorno, e
nei giorni successivi, vissero il momento del maggior
coraggio e della gloria.
I fatti, più o meno, li conoscete. Il 25 luglio del 1943
era caduto il fascismo e si era insediato a Roma un governo
presieduto dal maresciallo Badoglio. Il nuovo governo,
durante l’estate, aveva trattato segretamente con gli
americani e gli inglesi per ottenere un armistizio o
concedere una resa e uscire dalla guerra. Nel frattempo gli
americani erano sbarcati in Sicilia e lì avevano sconfitto i
tedeschi. Il 3 settembre, proprio in Sicilia e in gran
segreto, gli italiani e gli alleati avevano firmato
l’armistizio. Si era deciso però di renderlo pubblico dopo
un paio di settimane per organizzare un nuovo sbarco
americano in Campania e un aviosbarco a Roma. Lo sbarco a
Salerno era previsto per il 9 settembre.
Subito
dopo si sarebbe data notizia dell’armistizio e le truppe
italiane avrebbero dovuto difendere Roma per qualche giorno
in modo da permettere l’aviosbarco. Se le cose fossero
andate così, la liberazione dell’Italia sarebbe stata molto
più rapida e sarebbero stati evitati orrori atroci come la
deportazione e lo sterminio degli ebrei romani (16 ottobre
1943) e la strage delle Fosse Ardeatine (marzo 1944). Invece
poche ore prima dello sbarco di Salerno la radio inglese
diede notizia dell’armistizio, in modo da evitare una
resistenza delle truppe italiane. Alle 19, 45 dell’otto
settembre anche il capo del governo italiano parlò alla
radio e annunciò la fine della guerra contro gli
angloamericani. A quel punto si trattava di difendere Roma.
Impresa non impossibile, perché le forze armate italiane
disponevano di quasi 100 mila uomini intorno a Roma, mentre
i tedeschi non potevano metterne insieme più di 30 o 40
mila.
Le cose però andarono in un altro modo. Il Re, suo figlio
Umberto erede al trono, il capo del governo, gran parte dei
ministri e degli alti ufficiali dell’esercito, la mattina
del 9 settembre, mentre a Salerno era iniziato lo sbarco
alleato, salirono in macchina e fuggirono prima a Pescara e
poi a Brindisi. Abbandonarono Roma, il popolo, e anche
l’esercito e la marina. Rinunciarono a resistere ai tedeschi
e a salvare la capitale. Perché? semplicemente perché ebbero
paura, erano codardi.
Alla vigliaccheria dei vertici dello Stato si contrappose
il grande coraggio di gente del popolo e di un certo numero
di ufficiali e soldati italiani che – spontaneamente e in
modo disorganizzato – cercarono di salvare le navi italiane,
trasferendole a Taranto, e di salvare Roma facendo le
barricate.
Riuscirono a impedire ai tedeschi di prendere Roma per poco
più di 24 ore. Lasciarono sul campo più di 1500 caduti.
Costrinsero l’armata nazista a concentrare forze a Roma
indebolendo la resistenza a Salerno. Chi li guidava? Un
pezzetto minoritario delle gerarchie militari e rappresentai
dei partiti politici democratici, soprattutto di sinistra:
c’erano Nenni, Amendola, Pertini, Lussu. Sparavano coi
fucili da caccia o con le mitragliette trovate nelle
caserme. Contro i carrarmati. Resistettero per dieci ora a
Porta San Paolo, poi si ritirarono, si nascosero e diedero
vita alla Resistenza.
L’otto settembre è diventato una metafora dell’assenza di
classi dirigenti nel nostro paese. E’ stato la disfatta
della borghesia. Temo che le cose non siano cambiate molto.
Sebbene, fortunatamente, in forme assai meno drammatiche ,
stiamo vivendo qualcosa di simile. Una nuova dimostrazione
dell’inesistenza di una classe dirigente vera, in questo
paese. Così come mancò allora, ancora oggi manca una
borghesia consapevole di cos’è l’interesse collettivo.
Allora fu il popolo e i partiti della sinistra – e al Nord
la classe operaia – a riempire il vuoto e a conquistarsi un
ruolo fondamentale nel futuro del paese. Oggi? Sembra non
esserci più niente. Solo burocrazia. Solo lobby. Eredi della
burocrazia regia dei Savoia.
Articolo di Piero Sansonetti pubblicato su Gli Altri dell'8
settembre 2013 |