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Leo Alati

A “TUTELE CRESCENTI”

Giuseppe Tamburrano

Ho già espresso la mia opinione: negativa. Ci torno su perché la questione è questione di civiltà: è togliere diritti ai lavoratori da parte di un governo sedicente di sinistra.

Lo statuto dei lavoratori per il quale si battè per primo Di Vittorio, che fu sostenuto da Nenni che lo impose come una priorità assoluta nel programma del primo governo di centro-sinistra organico, che vide l’impegno del ministro socialista Brodolini (“Io sto da una parte sola”) e portato a compimento dal democristiano Donat Cattin è stato una conquista di civiltà che ha ripreso e completato la legge 15 luglio 1966, n. 604, voluta da Nenni, sui licenziamenti individuali.

Il suo significato storico segna una svolta epocale: l’art. 18 cancella il potere assoluto del padrone sui licenziamenti, stabilendo che il licenziamento viene deciso dal giudice di fronte al quale datore di lavoro e lavoratore sono su un piede di parità.

IL Job’s Act (ma perché, Renzi, non parli la tua lingua che è nata in Arno?!) restituisce quasi intero il potere al proprietario tranne pochissimi casi nei quali interviene il giudice: eccoci tornati indietro di mezzo secolo! Ma perché non hai proposto una commissione di arbitrato composta di rappresentanti eletti direttamente dai dipendenti e da rappresentanti del datore di lavoro e da una personalità esperta al di sopra delle parti: ad esempio un magistrato del lavoro? La procedura non avrebbe toccato i diritti e sarebbe stata abbastanza rapida, abolendo l’inutile tentativo di conciliazione.

I comunisti si astennero sul voto allo Statuto: volevano di più! I discendenti lo hanno rottamato a “tutele crescenti” (?).

Articolo pubblicato sul blog della Fondazione Nenni il 23 febbraio 2015

(23/2/2015 )

 

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