Chicco Testa e la sinistra disumana di Capalbio
Non vogliono rifugiati. O meglio,
li vogliono «purché lavorino». Stessa linea della Lega.
A
Capalbio arriveranno 50 immigrati. Laggiù - ma si dovrebbe dire,
anche per la prosopopea di alcuni abitanti, 'lassù' - hanno casa
per l’estate alcune decine, o centinaia, di intellettuali di
sinistra che discorrono fra loro, organizzano presentazioni di libri
dei loro amici, eccetera.
In verità da qualche anno si recano in quella cittadina anche
personaggi di destra, ma non sembra che la cosa crei scandalo. Gli
immigrati sì. Cinquanta. Riflettiamo sul numero.
FINORA I 'NEGRI' NON DISTURBAVANO I 'BIANCHI'. Chi
conosce quelle zone sa che al mattino, d’estate, sulla tratta
ferroviaria che da Roma va fino a Orbetello e oltre, sale una
variegata umanità. I meno fortunati, o i meno snob, scendono prima
di Civitavecchia o poco dopo, almeno fino a Montaldo di Castro.
Dopo, invece, chi si affolla su questi trenini scende tra Capalbio e
Orbetello. E in questa stagione scendono ogni mattina a ogni
stazione, e ogni pomeriggio dopo le 19 ripartono, molte decine di
persone di colore, prevalentemente africani, che salgono con le loro
mercanzie da provare a vendere sulle spiagge di quel tratto di
Tirreno.
Nessuno ha mai detto niente perché, per l’appunto, la sera “ i
negri” vanno via lasciando i “bianchi” sereni ai loro spritz e alle
loro battute sulla lunghezza del libro di Albinati o,
preferibilmente, su chi sta con Renzi o chi no, tutti rigorosamente
antidalemiani.
Là anche i renziani recitano a fare quelli di sinistra. Là, però, si
è consumata, altro che il cashemire di Bertinotti, la frattura
sentimentale fra la sinistra e il suo popolo.
PURE I RENZIANI RECITANO A FARE QUELLI DI SINISTRA.
Là maturano anche le idee più bislacche: pensate al professor Asor
Rosa, intellettuale di talento, che propose l’idea di un colpo di
Stato dei carabinieri per abbattere Berlusconi.
Ecco: tutte queste persone, o quasi tutte, non vogliono quei 50
emigrati, che sono pochi pochi, cioè piccolo numero, rispetto alla
folla di intellettuali di sinistra che passano l’estate a Capalbio.
Chicco Testa, uno che dove si mette dice che là è la sinistra, al
Corriere della sera ha dichiarato che non è vero che loro,
i capalbiani, non voglio gli immigrati, li vogliono «purché
lavorino».
Salvini, quando è sobrio, dice la stessa cosa, anche se ora afferma
di voler liberare fisicamente l’Italia - ma che c’entra lui con
l’Italia? - da chi non è nato qui o non lavora qui, magari nel Nord
Est e/o negli allevamenti del Nord.
Quelli che voglioni ridicolizzare la cultura
riformista
Sui social è esplosa l’ironia su questi strani personaggi
radical che predicano contro la destra ma sono molto di destra
quando si invade il loro giardino. Bisogna però avere la testa
fredda nel giudicarli. Innanzitutto esiste da tempo la tentazione, a
destra come a sinistra, ma forse più a sinistra, di predicare idee
molto radicali ma di vivere molto alto-borghesemente. Considero
questa scelta, pur discutibile, normale. Non è detto che per stare a
sinistra bisogna essere frati zoccolanti. Neppure Enrico Berlinguer
prendeva in considerazione questa ipotesi.
IL TRIONFO DEL 'PORACCISMO'. Oggi si usa una parola
romanesca, «il poraccismo», per indicare chi fa demagogia sui poveri
e afferma di voler vivere in maniera semplice. In altri tempi si
diceva pauperismo. Era un atteggiamento cattolico o catto-comunista.
Quindi l’idea che un uomo o una donna di sinistra siano portati a
comportamenti considerati di destra o padronali fa parte della
storia della strana umanità che abbiamo di fronte.
Solo quel pazzo di Enrico Rossi si fa fotografare con la famiglia
rom che è diventata sua vicina di casa. Gli altri no, non li
vogliono a Capalbio.
C’è poi la questione, più di sostanza, che spiega meglio di tante
parole perché, se non la si riprende in mano, la sinistra è perduta.
La sinistra, il socialismo, vivono per cancellare (ma sperano almeno
di ridurre), le diseguaglianze. Vivono per affermare una solidarietà
sociale che comprende il vivere “con” non il vivere “senza” e
“contro”. Vivono affrontando la intemperie del tempo, e questo è il
tempo anche delle guerre, del terrorismo, della paura, della fuga di
milioni di persone dalla guerra e dalla fame .
Questi problemi non sono risolvibili prima di una o due generazioni.
Nel frattempo, la gente e la politica di sinistra devono fare cose
concrete, come accogliere, dar da mangiare, e anche tenere alta la
guardia contro chi si infiltra o contro chi delinque. Ma accoglienza
non è una brutta parola.
LA POLITICA DEVE RIDIVENTARE UMANA. Cominciamo a
rimettere in evidenza le belle parole che un trasversale componente
mediatico-intellettuale vuole stravolgere, ridicolizzare,
cancellare. Si può dire socialismo, si può essere cosmopoliti, si
può essere per il multiculturalismo, si può parlare della necessità
dei sindacati, si può comprendere, senza condividere, il dramma dei
meridionali che insegnano quando resistono a portarsi lontano per un
migliaio di euro al mese. Si può essere umani.
C’è, anzi ci sono, una destra e una sinistra (che si autoproclama
riformista) che sono disumane.
Non faccio lezioncine, ho i miei difetti ma conosco i problemi. So
però che alla sinistra serve una rivoluzione culturale che non sia
un’elegia del passato ma che non lo cancelli.
Persino Lenin, fino alla Nep (Nuova politica economica, con il motto
di Bucharin: «Arricchitevi». Poi è andata in altro modo), non aveva
paura dei ricchi, ma noi dei nuovi ricchi sì.
Dobbiamo certo diffidare della Casta, ma un conto era Ettore
Bernabei, un altro sono quelli di oggi. Non dobbiamo avere paura di
politici o sindacalisti professionisti, ma un conto erano Bruno
Buozzi, Di Viittorio, Lama e tanti altri, un conto sono Orfini e
tanti altri.
Recuperiamo il senso delle proporzioni. Ridiventiano umani. E le
angosce di quelli di Capalbio lasciamole a loro: fate quel che
volete ma non in mio nome.
Articolo di Peppino Caldarola pubblicato su Lettera 43 il 16 agosto 2016
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