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Leo Alati

Caso Del Turco: le sentenze si possono criticare

Mauro Del Bue

Non ho mai condiviso l'idea secondo la quale le sentenze dei giudici non si discutono e commentano. E tanto meno si possono criticare. Perché? I magistrati sono forse come i papi e possiedono il dono dell'infallibilità? Non penso proprio. Anzi, sono stati clamorosi alcuni errori giudiziari. Il più conosciuto, ma non l'unico, è stato quello di Enzo Tortora. Stupisce, anzi amareggia, che uno dei maggiori protagonisti di quell'obbrobrio giudiziario sia oggi un autorevole esponente del Consiglio superiore della magistratura. Anche i socialisti dovrebbero fare un'autocritica perché il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, che venne svolto esclusivamente sulla magistratura giudicante e non su quella inquirente, si sgonfiò in Parlamento in una legge senza nerbo. Dunque anche le sentenze, e lo dico agli esponenti del Pd, vanno giudicate e non ci si può attestare sulla linea del "né discutere né commentare". Se il caso Tortora non avesse dato avvio a una grande mobilitazione contro la sentenza probabilmente avrebbe avuto esito diverso. Naturalmente non propongo il ritorno all'idea della magistratura borghese contro i figli del popolo, alle sentenze di classe o altre amenità simili. Chiedo che nessuno si chiuda gli occhi e si tappi la bocca di fronte a quel che esce dai tribunali. Che quello di Milano condanni i partecipanti ai Bunga Bunga berlusconiani a sette anni di carcere, mi pare, al di là e al di sopra delle valutazioni etiche, la manifestazione di una calcolata esagerazione. Che quello di Pescara condanni Ottaviano Del Turco a nove e anni e più di carcere, rasenta l'incredibile. Lo hanno scritto più o meno tutti i giornali. I soldi non sono stati rintracciati, nonostante numerose rogatorie, le testimonianze mancano, le accuse sono esclusivamente frutto di un imprenditore della sanità esacerbato con l'accusato, le foto non dimostrano nulla e neppure le ricevute dell'autostrada. Quali sono i motivi di una sentenza di condanna che per la Repubblica italiana deve essere emanata "al di là di ogni ragionevole dubbio"? Il Pd, il partito del quale Del Turco era espressione, tace. Per paura di dar qualche ragione a Berlusconi, o forse solo per rispettare un vecchio patto con i magistrati, preferisce ancora attestarsi sul "né discutere né commentare". Che ricorda la vecchia massima di Costantino Lazzari in occasione del primo conflitto bellico: "né aderire né sabotare". Cioè non far nulla. Non gli portò nemmeno fortuna.

 

(28 luglio 2013)

 

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