Saviano e Vauro come la Fiat…
Il vizietto liberticida della querela
Roberto Saviano ha querelato il Corriere del
Mezzogiorno nella persona del suo direttore Marco De
Marco chiedendo un risarcimento di quasi cinque milioni di
euro. De Marco aveva contestato la veridicità di una tesi
avanzata da Saviano, che l’aveva tratta da una citazione di
Ugo Pirro, secondo cui Benedetto Croce aveva offerto
centomila lire di risarcimento ai soccorritori del terremoto
di Casamicciola nel 1883. Qualche settimana prima Corrado
Formigli, per aver criticato in un servizio andato in onda
su Annozero alcuni modelli Fiat, era stato citato e
condannato al pagamento di una cifra superiore al milione di
euro. Il tribunale ha poi deciso di sospendere l’esecutività
del pagamento di questa provvisionale. A fine gennaio è
toccato a me essere condannato per aver criticato in un
pezzo satirico il vignettista Vauro Senesi che aveva
raffigurato la parlamentare del PdL Fiamma Nirenstein con il
naso adunco e con una croce di David cucita sul vestito
assieme ad un fascio littorio. Se la Corte d’appello
confermerà l’esecutività della sentenza di primo grado dovrò
pagare, assieme a Antonio Polito, venticinquemila euro al
vignettista del manifesto. Tutto sommato mi è
andata bene rispetto a Formigli e De Marco. Le tre citazioni
in giudizio sono diverse sia per la natura del cosiddetto
reato sia per la personalità degli offesi. Una grande
azienda, un guru dell’antimafia, un uomo di satira e di
sberleffi. Ciò che rende simili le tre vicende è il dato di
fondo. In tutti e tre i casi siamo di fronte alla sanzione
dell’esercizio della libertà di critica. Formigli ha
criticato una merce, De Marco una tesi storica che molti,
compresa la nipote di Croce ritengono infondata, io per aver
reagito a una raffigurazione di Fiamma secondo schemi tratti
dalla classica iconografia ostile agli ebrei che ha
scandalizzato le comunità ebraiche di tutto il mondo fino a
spingere quelle italiane a raccogliere la somma per il
pagamento della provvisionale comminata dal giudice.
La domanda a questo punto è questa: è possibile criticare
una azienda leader, ancorché in declino, un famoso
scrittore, un vignettista che usa la penna pesante contro le
sue vittime? Ovvero l’azienda, lo scrittore, il vignettista
hanno diritto di fare e dire mentre i loro critici devono
essere zittiti? In un paese normale la questione aprirebbe
una grande discussione sul tema dell’informazione e della
libertà di critica. Se vi sono soggetti che vanno tenuti al
riparo da una contestazione, blanda, satirica o severa, è
del tutto evidente che il paese è meno libero secondo i
dettami che le organizzazione dei giornalisti hanno sempre,
ma in questi casi o in alcuni di questi casi, sostenuto.
L’altro problema che appare davanti a noi riguarda le
citazioni che riguardano De Marco e il sottoscritto. Lascio
da parte la questione personale e mi dedico a quella di De
Marco. Saviano si è sentito offeso dalle critiche del
Corriere del Mezzogiorno. Saviano è un personaggio e un
autore che io, a differenza di altri, stimo e la cui
attività, letteraria e no, considero assai positiva. Ha a
disposizione molti mezzi per rispondere a critiche che non
gradisce. La partita fra lui e i suoi critici si può
svolgere da pari a pari. Perché chiamare in campo lo Stato?
Ormai la querela sta diventando non lo strumento di difesa
della parte debole contro l’invadenza della parte forte e
aggressiva ma il gesto intimidatorio per frenare le
critiche.
Non c’è dubbio che questa pratica indebolisce il
diritto di critica del più forte là dove il più forte non è
solo il potente di turno, politico o ras dell’economia, ma
anche il guru dell’informazione o il vignettista di moda.
Vien fuori un’idea di insindacabilità che fa tremare le
coscienze e soprattutto trasforma il dibattito pubblico, che
deve essere anche urticante, in una eterna querelle
giudiziaria. Lasciatemelo dire poi in fondo: non c’è niente
di più penoso di un giornalista che querela giornalisti.
Affrontiamoci armi alla pari e l’opinione pubblica decida.
Anche perché visibilmente Saviano è più forte del
Corriere del Mezzogiorno in quanto ha più lettori e più
telespettatori, così come Vauro è più forte del sottoscritto
perché le sue comparsate da Santoro hanno più spettatori dei
lettori del vecchio Riformista. Hanno viceversa
scelto di rivalersi per ottenere il silenzio. Cioè
quell’atteggiamento che considerano negativo nella vita
civile.
Articolo di Peppino Caldarola pubblicado da
Altri il 21 maggio 2012
(30 maggio 2012) |