Il riso che resiste ai parassiti
frutto di una storia d’amore botanica
La scoperta è di Pamela Ronald, biotecnologa, sposata con un agricoltore
biologico, che ha mescolato colture organiche e ingegneria genetica
Sul
suo sito, Pamela Ronald l’ha definita “una storia d’amore botanica”. È quella
della sua vita, lei biotecnologa, sposata con un agricoltore biologico. Ma è
soprattutto la storia della sua scoperta: un tipo di riso capace di resistere ad
alluvioni e parassiti, frutto dell’inedito “matrimonio” tra colture organiche e
ingegneria genetica. Né biologico né Ogm: una via di mezzo. Di questa geniale
intuizione e del futuro dell’agricoltura, tra sostenibilità e tecnologia, la
scienziata statunitense parlerà stasera al Festival della Scienza di Genova, per
una delle ultime conferenze della manifestazione, alle 21 a Palazzo Ducale.
Docente di Patologia Vegetale all’Università della California, la Ronald ha
iniziato a lavorare al suo riso super-resistente e naturale nell’ormai lontano
1995. La chiave fu tutta in quattro caratteri: Xa21. È il nome di un gene che dà
al riso un’innata capacità di difendersi da molti parassiti. Proprio sfruttando
questo dono di natura e lavorando su minime mutazioni genetiche, la
professoressa Ronald è riuscita a dare vita alla sua variante a prova di
inondazioni. Che oggi, grazie al supporto della fondazione Bill & Melinda Gates,
è utilizzata da oltre un milione di contadini nel mondo.
Il percorso non è stato facile, anche perché quando si parla di Ogm il dibattito
diventa spesso ideologico. Il modello proposto dalla Ronald esce del tutto dagli
schemi e mostra che agricoltura biologica e colture geneticamente modificate
possono andare d’accordo. «Solo in India e Bangladesh – spiega la studiosa – 4
milioni di tonnellate di riso vengono abbandonati ogni anno alle inondazioni.
Basterebbero per sfamare 30 milioni di persone, ma gran parte delle colture
muore dopo tre giorni sotto l’acqua».
Con la popolazione mondiale in continua crescita, la pressione sulle risorse
naturali e la necessità di sfamare il pianeta in modo sostenibile ed equo sono
questioni già centrali, impossibili da eludere. Per questo l’incontro di stasera
è esplicitamente rivolto “ai consumatori, agli agricoltori e ai politici in
cerca di informazioni precise sull’agricoltura biologica, sull’ingegneria
genetica e sul loro impatto sulla salute degli esseri umani e dell’ambiente”.
«Il futuro dell’agricoltura sostenibile dipende dalle domande che ci poniamo»,
aggiunge Pamela Ronald. «Qual è il profitto del contadino? I prodotti sono
sicuri da mangiare? Possiamo ridurre l’uso di pesticidi tossici? Possiamo
aumentare in qualche modo anche la resa? Sono questi gli interrogativi che
contano».
Articolo di Stefano Rizzato pubblicato su La Stampa il 2-11-2013
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