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Leo Alati

Ecco il piano di Renzi per rifare la Dc

Intervista a Piero Sansonetti

“L’intesa tra Pd e M5S sui giudici costituzionali è una novità che cambia tutti i rapporti politici. Il prossimo passo sarà un accordo Renzi-Grillo sulla legge elettorale che tagli fuori Berlusconi”. E’ l’analisi di Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista, ex direttore di Liberazione. Pd e M5s hanno trovato la quadra sui nomi di Augusto Barbera, Franco Modugno e Domenico Prosperetti. L’esclusione di Francesco Paolo Sisto, il candidato di Forza Italia, ha portato alla convergenza con i Cinque Stelle. La decisione di Renzi sarebbe giunta dopo il battibecco in aula con Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia, anche se sembra che in realtà le intenzioni del premier si fossero andate formando già da alcune settimane.

 

Che cosa cambia dopo l’intesa raggiunta tra Pd e M5s?

In passato l’M5s non aveva mai fatto nulla di simile, per di più in tempi così rapidi e in modo così silenzioso. E’ proprio una mossa di politica tattica nel classico stile dei partiti tradizionali. Oltre a sbloccare una situazione molto complessa, in questo modo si chiude definitivamente la stagione del patto del Nazareno. Questa scelta sdogana inoltre l’M5s facendo diventare il nostro sistema politico compiutamente tripolare. I grillini stringono un accordo con il Pd per escludere il centrodestra da una rappresentanza in seno alla Corte costituzionale. La vera battaglia non era sui nomi, in quanto erano tutti nomi seri, bensì simbolica: il Pd ha trovato l’accordo con l’M5s escludendo Forza Italia. Mentre il messaggio che voleva lanciare Grillo era: senza di noi non si fa niente, con noi si può fare tutto.

 

Nel frattempo però i 5 Stelle chiedono la testa della Boschi. Con l’accordo sulla Consulta Renzi spera di neutralizzarli?

La sfiducia alla Boschi è un fatto che non preoccupa Renzi, in quanto si tratta più che altro di una sceneggiata. Il Pd ha comunque la maggioranza e la Boschi non sarà sfiduciata. M5s e Pd su questo non si danneggiano a vicenda, anche perché Renzi non ha bisogno dei voti di Grillo. Sfiduciare i ministri è pura propaganda, non è vera lotta politica, anzi più che altro è un segno di debolezza delle opposizioni.

 

Pd e M5s ora si accorderanno anche sulle elezioni a Roma?

Non credo che ci sia un interesse a stringere un accordo sulle amministrative. E’ più probabile che l’accordo riguardi invece determinate leggi, con un’attenuazione dell’opposizione al Senato su alcuni punti decisivi in modo di permettere a Renzi di arrivare al 2018. Ancora più probabile è un accordo sull’Italicum. Renzi si è già pentito della legge elettorale che ha fatto, mentre l’M5s vorrebbe una grossa rappresentanza ma non l’obbligo di governare. Grillo non vuole vincere le elezioni ma arrivare sempre secondo.

 

Su questo ci può essere una convergenza d’intenti?

Sì. Pd e M5s potrebbero fare un accordo per una legge elettorale che garantisca a Renzi di governare e a Grillo di avere una buona rappresentanza. Chi ci rimette a quel punto sarebbe Berlusconi. In questo caso si può anche andare a votare abbastanza presto: a Renzi non conviene aspettare il 2018 perché vorrebbe dire perdere. Le chance di vittoria aumentano in caso di elezioni tra sei mesi-un anno, dopo avere approvato una legge elettorale a grande maggioranza insieme all’M5s. La nuova legge consentirebbe a Renzi di vincere tranquillamente e di governare in un parlamento maggiormente rappresentativo, dove Grillo ha un forte peso.

 

Secondo lei come potrebbe essere questa nuova legge elettorale?

In primo luogo si baserebbe su un premio di coalizione, e non invece di lista.

 

Ma questo non aiuterebbe proprio Berlusconi?

Berlusconi è comunque in grado di fare la lista unica con Lega nord e Fratelli d’Italia. E’ Renzi che non può fare altrettanto con Scelta Civica, Sel e Ap, mentre sicuramente è in grado di formare una coalizione. Con il premio di coalizione Renzi distaccherebbe Berlusconi. Grillo invece si presenterebbe comunque da solo, come nel 2013, e arriverebbe secondo. Renzi sperava che l’Italicum gli servisse a liberarsi dei cespugli; non c’è riuscito. Ora Grillo gli può dare una mano a correggere gli errori compiuti.

 

E a parte il premio di coalizione cosa cambierebbe?

Potrebbe inoltre essere attenuato il premio di maggioranza, così da rendere il Parlamento più libero, e nello stesso tempo si reintrodurrebbero le preferenze. Renzi approverebbe dunque una legge più democratica rispetto all’Italicum, e ne uscirebbe meglio anche dal punto di vista dell’immagine. E soprattutto eviterebbe il rischio che la legge elettorale sia giudicata incostituzionale.

 

Si può riproporre uno scenario come quello della prima Repubblica, con la Dc sempre al governo e il Pci all’opposizione, soltanto che al loro posto ora ci sono Pd e M5s?

Per 30 anni sono stato un militante del Pci, e questo confronto con l’M5s mi fa accapponare la pelle: vedere Grillo e Di Battista al posto di Berlinguer e Ingrao è una cosa tremenda. Ciò detto, lo schema potrebbe essere simile. Da un lato c’è l’M5s che garantisce l’opposizione, tra l’altro non si sa se di sinistra o di destra. Dall’altra la centralità di un solo intoccabile, la nuova Dc di Renzi.

 

Così ci terremo Renzi per 50 anni?

Non so per quanto, ma certo ce lo terremo per molto. Anche se non è escluso che nel Pd sorgano altri leader, anzi è probabile che qualcun altro metta Renzi in difficoltà dall’interno come succedeva ai tempi della Dc. Cadevano gli Andreotti e salivano i Fanfani, cadevano i Forlani e salivano i Rumor, ma alla fine restava sempre la Dc.

Intervista di Pietro Vernizzi pubblicata su il sussidiario venerdì 18 dicembre 2015

(25/12/2015)

 

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