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Leo Alati

Cominciano a scaricarlo: eppure erano in grado di prevedere!

Era prevedibile ed ampiamente previsto, almeno su Pensalibero. E’ cominciata l’ennesima transumanza. Dall’esercito, vittorioso fino al 4 dicembre scorso, di Matteo Renzi, si staccano per dirigersi altrove, ufficiali, sottufficiali e truppe scelte. Altri, nei piani alti di questo stesso esercito, ostentano lealtà al solo scopo di attendere un ulteriore indebolimento per piazzare il colpo decisivo e sostituire l’ormai ex rottamatore.

Sono cose viste e riviste in altre occasioni. Come pure la danza delle ipocrisie che accompagna il procedere delle inchieste dei magistrati verso il giro stretto di Renzi.

Per noi, le inchieste sono totalmente ininfluenti per il giudizio che non da ora abbiamo espresso sul leader politico. Sentiremo, nei prossimi giorni, settimane e mesi, valanghe di parole di persone cadute dal pero che manifesteranno incredulità e sorpresa via via che i risultati dell’azione politica e di governo dell’ex presidente del consiglio si riveleranno sempre di più fallimentari. A beneficio di costoro riproponiamo quanto scrivemmo nel febbraio del 2014, appena resa nota la composizione del suo Governo.

“E’ lo stesso schema applicato per la giunta comunale di Firenze. Un governo, quello presentato venerdì sera, dopo il lungo incontro al Quirinale, da Matteo Renzi, assai leggero. Con qualche accorgimento atto a rafforzare l’immagine “pop” e sbrigativa del neo Presidente del Consiglio: ministri giovani, pari numero di donne e uomini, esecutivo snello, personalità non troppo ingombranti, dunque non imbarazzanti e nemmeno in grado di fare ombra.

A Firenze ha funzionato. I problemi non sono stati risolti, ma abilmente elusi. Renzi è riuscito a concludere il mandato senza fare un passo avanti che sia uno alla tramvia, dopo il primo tratto realizzato dal suo predecessore, Domenici. In compenso, con la famosa pedonalizzazione di Piazza del Duomo, si è tolto da un bell’impiccio: decidere se la tramvia dovesse o meno passare sotto la cupola del Brunelleschi, come avevano deciso i progettisti e come, al contrario, non voleva la città, una volta tanto unita su qualcosa. Sono state ottime, poi, alcune battaglie di immagine, come quando Matteo ha metaforicamente preso a schiaffi i sindacati dell’azienda dei trasporti urbani e gli orchestrali del Maggio musicale. Trasporti e Teatro sono rimasti in crisi, in compenso la colpa è passata (almeno in parte) dall’amministrazione comunale ad altri soggetti.

Che il medesimo canovaccio possa funzionare con il governo è tutto da vedere. Da Presidente del Consiglio, Renzi non potrà cambiare i ministri come ha fatto da sindaco con gli assessori, contribuendo anche così a fare crescere la sua fama di decisionista. E la crisi economica e dell’occupazione non gli permetterà di resistere a lungo senza risultati: mercati, Bruxelles e i sessantamila convenuti a Roma in rappresentanza della esausta rete delle imprese italiane così come danno fiducia possono toglierla in un battibaleno.

Come sempre, il giudizio dovrà essere dato dopo. Se farà diminuire le tasse e aumentare i posti di lavoro, Renzi meriterà gloria eterna. Ma se si dovesse ostinare anche nella manifesta impossibilità di raggiungere questi risultati, la sua esperienza rientrerà, a pieno titolo, nella madornale serie di errori della cosiddetta seconda repubblica. E dovrà essere considerata un ulteriore “contributo” al deterioramento della nostra democrazia.

Molto si è detto del coraggio di Renzi che in questa occasione (come in altre, del resto) si gioca il tutto per tutto. Ma una cosa sono i rischi della propria personale carriera, un’altra i rischi del Paese per i quali la cautela è d’obbligo. La finta telefonata tra l’ex ministro Barca e Vendola ha, se non altro, illuminato sul clima torbido nel quale si fanno e disfanno i governi quando la fonte della loro legittimazione non è il voto popolare. Ciò, in Italia, accade da troppo tempo, così come, da troppo tempo esiste un Parlamento non di eletti ma di nominati in base ad una legge, oltretutto, dichiarata incostituzionale. Se tutto ciò è accaduto, non è colpa di Renzi. Ma con lui accade una volta di più, in modo tale da sbugiardare tutti i suoi precedenti proclami: quelli che gli erano valsi un larghissimo favore popolare. Questo basta per fare del nuovo presidente del consiglio non il primo di una nuova stagione politica, ma l’ultimo e il più giovane di una stagione che dura da troppo tempo. Per farselo perdonare, dovrà faticare e soprattutto realizzare non poco”.

Ovviamente, se certe cose le avevamo previste noi significa che erano alla portata di tanti altri, soprattutto dei politici che stanno cambiando casacca, della stampa formato tappetino, e degli ambienti industriali e finanziari che su Renzi avevano puntato tutte le loro aspettative. Poco male per costoro; come è noto, non hanno per il Paese lo stesso attaccamento che nutrono verso i loro affari e presto troveranno altri sui quali puntare.

Ai tanti che in buona fede vedono ancora in Renzi l’uomo della Provvidenza e del rinnovamento va, invece, tutto il nostro rispetto.

Nicola Cariglia

PS: Sapere perchè gli stessi “giornaloni”  prima lo avevano tanto appoggiato e ora sono i più feroci con Renzi ci farebbe capire molto. Per una questione morale? Non scherziamo….

 

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