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Leo Alati

Renzi, Blair e il gioco dei poteri forti

Chi è ricco stenta a credere questa verità e a capire che sia fallito l'appello democratico al voto delle donne e dei bianchi, ma anche quello al voto black e ispanico. 

Chi è ricco dovrebbe preoccuparsi dei poveri; questo non è un insegnamento cristiano, almeno non solo, quanto soprattutto un principio del sistema politico americano che redistribuisce reddito attraverso fondazioni e interventi di opportunità pubblici e privati, governati appunto dalla cosiddetta poverty law.

La lezione Usa ha un qualche risvolto per l'Italia in questo particolare momento storico, molto conflittuale, con il referendum per la riforma costituzionale?

A me pare di sì, ed è questo.

Renzi si è presentato come un politico eterodosso, con la sua rottamazione; ma una volta al potere ha legato il suo destino ai poteri forti: banche, assicurazioni, petrolieri, eccetera.

Imita Tony Blair, si veste persino allo stesso modo; ma questa imitazione non riguarda l'ufficio di primo ministro che ha ricoperto Blair, bensì il lavoro che questo svolge adesso presso JP Morgan e che Renzi vorrebbe fare quando smetterà di fare il presidente del Consiglio.

Ora, Blair da primo ministro rispettò il Parlamento, la Regina e la Costituzione inglese, non scritta, ma non per questo meno vincolante. Renzi, tutto all'opposto, con il suo essere eterodosso, ha violato tutte le forme e le sostanze della democrazia e ha proposto una riforma costituzionale scritta male e male assortita nei contenuti. 

La gente in Italia si sente umiliata dalle misure del governo, non solo per gli 80 euro in cambio dei diritti del lavoro, ma anche per il modo in cui è stata trattata; ricoperta da illusioni — "…è la volta buona", "…l'Italia riparte" — e sorpresa da amare verità: disoccupazione, emigrazione e difficoltà di ogni genere nella vita quotidiana. Nessuno in Sicilia e in Calabria crede che Renzi farà il ponte sullo stretto, perché considera questa come l'ennesima bufala.

Se le promesse non reggono, non è colpa dell'Europa ed è inutile prendersela con la Commissione europea, è colpa del sentimento post-crisi, per cui nulla sarà più come prima, ma solo peggio di prima.

Per questo si stenta a credere che la riforma costituzionale possa fare bene al Paese, nonostante alcune dichiarazioni in tal senso, poco convinte, da parte dei sostenitori del Sì.

Se i sondaggi italiani sono più accurati di quelli statunitensi, il referendum dovrebbe bloccare la riforma e ciò di per sé può considerarsi un bene, perché la Costituzione è innocente rispetto ai mali politici dell'Italia; ma subito dopo si tratterà di trovare un modo per ricostruire il Paese e portarlo fuori dal guado di una visione pessimista del futuro.

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