I radical di sinistra,
ormai ruota di scorta del M5s
Rinnegato il Pd e in
guerra con Renzi, per Fassina & co. resterà solo
l'appoggio a Grillo.
Fossi
Renzi sarei meno spocchioso e superficiale nel rapporto
con la sinistra radical.
Queste formazioni, divise e lontane dall’unirsi (sennò
che sinistre radical sarebbero?), possono fargli perdere
alcune città nelle prossime elezioni amministrative e
interrompere i sogni di gloria del referendum
istituzionale.
Non c’è dubbio che la forbice fra Renzi e questi
partitini è diventata assai larga ed è tutta ideologica,
ormai. Il premier considera tutto ciò che odora di
sinistra come metastasi orribile. I partitini lo
trattano, in sintonia con Marco Travaglio, come un
Berlusconi minor et peius. Non solo non c’è
dialogo ma c’è ormai una guerra aperta.
UN DIALOGO TRA SORDI. La strategia di
Renzi si capisce qual è. Non gli importa nulla di avere
nemici a sinistra, cosa che sembra a lui anzi un
connotato positivo. Ambisce al 40% elettorale che pensa
di poter raggiungere senza legami con la sinistra di
tradizione o la nuova-vecchia sinistra. Insomma al
premier non manca la chiarezza di intenzioni, anche se a
essa non corrisponde spesso la lucidità di visione.
I suoi oppositori di sinistra sono “anti”, punto e
basta. Sembrava che sarebbero stati una componente
lavorista, ma di questo tratto, assai poco italico, non
c’è traccia. Appaiono invece fortemente debitori, se si
vuol essere generosi, della carica oppositiva di
Zagrebelski e Rodotà, ovvero, se si vuol stare con i
piedi per terra, di Travaglio e Beppe Grillo. Persino
Vendola ha abbandonato il realismo che gli consentì di
diventare presidente della regione Puglia e spara a
palle incatenate contro Renzi.
Se le cose stanno così quale strategia può ricavarsi
dall’atteggiamento dei radical di sinistra? La vecchia
sinistra d’opposizione aveva il tema del recupero
identitario, non a caso si chiamò a lungo Rifondazione
comunista, ma non tralasciò mai, seppure con un tira e
molla pazzesco, la collaborazione con il partito
fratello più grande e riformista.
Prodi non ci sarebbe stato, e non sarebbe caduto, senza
Bertinotti. L’ultimo Bertinotti abbattè le frontiere
ideologiche legate al passato comunista. I suoi ragazzi
e quelli cresciuti nei partiti precedenti il Pd e nel Pd
medesimo, invece, non vogliono avere niente a che fare
con il partito maggiore che spesso hanno abbandonato con
disgusto.
RADICAL DI SINISTRA PRESTO CON GRILLO?
Delle due l’una: o si avviano a diventare
partiti-partito di testimonianza agognando un complicato
risultato a due cifre o si preparano, come lasciano
intendere alcune parole di Stefano Fassina, all’alleanza
con Grillo? Ma Grillo li vorrà?
Fassina, Vendola e company, disattendendo all’appello
dei tre sindaci radical, sono pronti a sottrarre voti al
candidato democratico in tutte le città e in alcune di
esse a riversarsi al secondo turno su quello a 5 stelle.
La stessa cosa faranno nel referendum e, se tanto mi dà
tanto, nell’eventuale ballottaggio Renzi-5 Stelle delle
prossime politiche quando potrebbero dare ai propri
elettori l’indicazione di non votare Renzi. Tutto questo
casino per diventare ruota di scorta di Casaleggio? Che
tristezza!
Una sinistra così radical o così subalterna ai radical
più radical non s’era mai vista. Sembra in campo una
sinistra dispettosa, pieno di odio verso l’ex alleato o
compagno di partito, fautrice di quel “tanto peggio,
tanto meglio” che è stato il demone che tutte le
sinistre italiane hanno sempre cercato di scacciare.
Renzi, in verità, se l’è cercata. Anche oggi su la
Stampa ha preso spunto da un commento divertito al
film, divertente, di Checco Zalone, per prendersela con
la sinistra radical chic.
Che è una brutta cosa, ma non è male peggiore del
familismo amorale in chiave toscana.
Articolo di
Peppino Caldarola pubblicato su lettera43.it il 4
gennaio 2016
(7/1/2016)
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