Se vuole battere Renzi la sinistra Pd cambi i leader
Pronti a far fuori
Letta, ma proni con lui. Se il premier è al potere lo deve anche a
loro
di
Peppino Caldarola
Qualche lettore ricorderà che ho sempre sostenuto
che Matteo Renzi era, in un certo senso, una necessità
storica per il suo partito.
Il senso di questa frase sta nel fatto che il Pd, prima del
suo avvento, si era ancora una volta infilato in un vicolo
cieco da aver bisogno, per uscire dall’angolo, di cercare
una soluzione forte e di rottura.
Nei mesi successivi alla fondazione, per esempio, mentre ci
si arrovellava sul tema del segretario del nuovo partito,
apparve chiaro che questo non potesse essere che Walter
Veltroni così che la nomenclatura a lui si rivolse e
Veltroni, con il discorso del Lingotto e gli atti
successivi, dette l’idea di voler fare sul serio una cosa
totalmente nuova.
Quella bella storia finì male, per una sconfitta elettorale
che era nelle cose, perché i maggiorenti del Pd temettero
l’idea di partito di Walter, perché Walter ha il vizio delle
dimissioni.
LETTA ACCOLTELLATO DALLA SINISTRA PD. Sulla
Stampa del 17 febbrario, Fabio Martini, uno dei
giornalisti politici più seri che ci siano in giro, racconta
che a chiedere personalmente a Enrico Letta di togliere il
disturbo, favorendo così l’ascesa di Renzi, fu il presidente
dei deputati Pd Roberto Speranza, leader lucano.
Giovane, promettente e serio, non può aver preso quella
decisione senza consultare i maggiorenti della sinistra.
Martini scrive che quella decisione venne presa e attuata
nei giorni in cui il povero Bersani ebbe un piccolo ictus da
cui ne è uscito bene ma che lo rendeva politicamente fuori
servizio.
Due considerazioni. Letta è stato vittima di un complotto
più vasto. Coloro che lo hanno affossato avevano due motori
che li spingevano all’atto sleale. Da un lato una certa
inezia del premier. Enrico Letta è il migliore della sua
generazione e di quella successiva (ma qui gioca facile
visto il personale che Renzi si è portato appresso), ma ha
poca “cazzimma”: quando si deciderà a tirarla
fuori, l’Italia avrà uno statista di rango europeo.
L’altra spinta è venuta ai complottatori dalla voglia di
Renzi di andare là dove siede ora. Il fatto paradossale è
che senza la sinistra e del solito gruppo di trasformisti,
di origine ex popolare e margheritico, Renzi sarebbe ancora
a Firenze a cercare di calmare la fretta bancaria dei papà
della “banda dei quattro”.
PER IL PARTITO RENZI ERA IL FUTURO DEM.
Vista dal lato nobile (termine che uso solo per comodità di
discussione, perché questa vicenda non ha nulla di nobile),
il Pd si rese conto di essere arrivato alla frutta e chiese
al suo personaggio più impetuoso, vincitore di primarie, di
assumere il potere.
Ecco quindi come il tema della necessità storica di Renzi
si concretizza in un gesto politico che coinvolge suoi
sostenitori e suoi futuri oppositori. Da qui si capisce come
i primi passi anti-Renzi della sinistra Pd siano stati
balbettanti. Non solo avevano considerato inevitabile dare a
Renzi il partito, che in verità gli aveva dato l’elettore
delle primarie, e il governo, ma avevano visto in ciò non il
rischio di una dittatura futura ma l’inizio di una
rinascita. Se si fossero fermati per un momento a riflettere
su questo punto avrebbero potuto ragionare in questo modo:
abbiamo accoltellato nostro fratello Letta, l’abbiamo fatto
in stato di urgenza e necessità, ci prendiamo il rischio di
mandare il potere questo rampante sconosciuto, incalziamolo
nel merito, siamo cioè più riformisti di lui, ovvero noi
siamo riformisti tanto quanto lui è distruttore dello
status quo ante.
Scelsero invece di nascondere la mano che aveva impugnato il
coltello del fratricidio e iniziarono la battaglia di
delegittimazione di Renzi, tranne Orfini che, vista la
malaparata, si infilò subito sotto le lenzuola fiorentine.
SERVONO FORZE E VOLTI NUOVI. Se una lezione
c’è da quel che scrivo e che ricavo da una cronaca costruita
su fatti storicamente avvenuti, la conseguenza è che nella
battaglia anti-Renzi, la sinistra Pd ha bisogno di
un’autocritica e di un accantonamento . rottamazione? - dei
suoi leader.
Sono belle persone, ma il loro ruolo è indebolito dal gesto
iniziale. Hanno avuto ragione a pensare che c’era bisogno di
una svolta radicale, hanno fatto male a gestire la cacciata
di Letta in quella ignobile maniera, hanno fatto malissimo a
iniziare una battaglia demonizzante mentre avrebbero dovuto
assediare Renzi sulla politica e sulle nomine.
Oggi ci troviamo un premier confuso e incasinato, che ha
piazzato suoi uomini e donne dappertutto (chi lo sconfiggerà
farà prigionieri? Difficile) e soprattutto non in grado di
tenere in mano il Paese che sottopone a traumi sociali
verbali dovuti a cattivi pensieri o a pura insipienza, come
nel caso delle pensioni di reversibilità.
L’idea che tutto ciò nasca da una sinistra del Pd che era
nel cerchio magico bersaniano, al tempo della vittoria
buttata via, e che poi regalò il potere a Renzi, fa pensare
che questa possa risorgere solo con altre idee e altri.
Articolo pubblicato su Lettera 43 il 17 Febbraio 2016
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