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Gli orecchini di Peggy: a Vercelli…

Ha riaperto i battenti, a Vercelli, la quinta edizione della mostra dedicata alle collezioni Guggenheim. La mostra, che durerà fino al 10 giugno, verte sulle opere di tre grandi artisti del ‘900: Mondrian, Mirò e Calder.

Come di consueto, ha luogo all’interno dello spazio espositivo “Arca”, situato nella navata centrale dell’antica chiesa di San Marco, costruita nel 1266 e trasformata, nel XIX secolo in mercato coperto.

Molto suggestivo il binomio arte contemporanea e arte gotica della chiesa di san Marco, che merita sicuramente una visita approfondita, alla scoperta di parte degli antichi affreschi, affiorati in seguito al recente restauro e appartenenti a un importantissimo ciclo pittorico.

Un connubio, quindi, che ancora una volta mette in luce la tradizione artistica della città, ricca di numerose testimonianze, quali la splendida Basilica romanico-gotica di S. Andrea, piazza Cavour, la chiesa di S. Cristoforo che custodisce gli affreschi di Gaudenzio Ferrari e che, come da anni all’inizio della primavera, si propone come sede accogliente di esposizioni di arte contemporanea, specie delle collezioni Guggenheim di Venezia e di New York.

Protagonisti assoluti Peggy e lo zio Solomon, grandi collezionisti di opere di arte contemporanea del XX secolo che ci hanno permesso, nel corso delle edizioni succedutesi dal 2007, di ammirare capolavori firmati  dai più importanti artisti del ‘900.

Peggy Guggenheim

Ma chi era Peggy Guggenheim? Marguerite Guggenheim, detta Peggy, nacque a New York nel 1898; il nonno paterno, ebreo, era emigrato negli Stati Uniti dalla Svizzera tedesca a metà dell’800 e aveva realizzato una fortuna straordinaria nel campo dell’attività dell’estrazione mineraria e della lavorazione dei metalli.

Il padre di Peggy morì nel 1912 nel naufragio del Titanic e lei entrò in possesso di parte della sua eredità, di molto inferiore a quella degli altri componenti della famiglia Guggenheim, in quanto  dilapidata a Parigi dal padre stesso.

E’grazie all’attività presso una libreria di New York, che Peggy conobbe i più importanti frequentatori  dei circoli artistici e intellettuali della New York dell’epoca, tra cui il suo futuro marito, lo scultore squattrinato dadaista Laurence Vail, che sposò a Parigi nel 1922.

Trasferitasi in Europa al seguito del marito con i due figli Sindbad e Pegeen, iniziò a frequentare gli ambienti dell’avanguardia artistica e letteraria europea, spostandosi frequentemente da Parigi a Londra e viceversa.

Nel 1928 divorziò dal marito e strinse una relazione sentimentale con l'intellettuale alcolista inglese John Holms, che morì nel 1934, tragicamente, ma che rimase sempre il grande amore della sua vita.

Qualche anno dopo, all’età di 40 anni,  Peggy aprì una galleria a Londra, la Guggenheim June e da quel momento iniziò la sua carriera di grande collezionista di arte contemporanea, svolgendo un ruolo importantissimo per l’arte del Novecento. Peggy sentiva come suo dovere “proteggere” l'arte a lei contemporanea e dedicò buona parte della sua vita alla creazione del suo museo.

Fu l’amico Becket che la spinse ad interessarsi di arte contemporanea, considerata come “qualcosa che vive”, e grazie allo stretto rapporto con Duchamp, entrò in contatto con importanti artisti dell’epoca.

Nel 1939 decise di aprire un museo d'arte moderna a Londra, con l’obiettivo di trasformare la sua galleria in un vero e proprio museo e iniziò ad acquistare numerose opere, prefiggendosi di "comprare un quadro al giorno"e arricchendo così una collezione definita dalla critica “Baraccone Guggenheim”. Tra le opere più importanti della collezione si possono ricordare i quadri di Picabia, Braque, Dalí e Mondrian (parte dei quali esposti a Vercelli).

Peggy e il nazismo

Purtroppo il suo progetto venne interrotto nel luglio del 1941 quando Peggy fu costretta a lasciare Parigi a causa dell’occupazione della Francia da parte dei tedeschi, facendo così ritorno a New York, città in cui lo zio Solomon aveva fondato da qualche anno la “Solomon R. Guggenheim Foundation”. In questo periodo Peggy, si prodigò aiutando molti artisti a lasciare l'Europa, in guerra, e tra questi il  futuro marito Max Ernst che sposerà alcuni mesi dopo e da cui divorzierà ben presto.

Finalmente, nell’ottobre del 1942 riuscì ad inaugurare la sua galleria/museo, “Art of This Century”, composta da spazi espositivi molto particolari, che divenne una delle più stimolanti sedi espositive di arte contemporanea di New York, ricca di capolavori dell’arte cubista, astratta e surrealista.

Della serata inaugurale del suo museo, Peggy Guggenheim ricorda: "Indossai un orecchino di Tanguy e uno di Calder, per dimostrare la mia imparzialità tra l'arte surrealista e quella astratta" la cui differenza, ricorda Peggy, le era stata insegnata proprio da Duchamp.

Peggy e Venezia

Nel 1947, finalmente Peggy ritornò in Europa e l’anno seguente espose, su invito, la sua collezione alla prima Biennale di Venezia: le opere di Gorky, Pollok, Rothko furono esposte per la prima volta in Europa, trasportate da aerei militari ridipinti proprio per l’occasione.

Alla fine del 1948 Peggy acquistò a Venezia Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, nel quale trasferì la sua collezione e la aprì al pubblico.

Peggy vivrà a Venezia per 30 anni nella sua casa-museo, aiutando nuovi artisti italiani emergenti, tra cui Edmondo Bacci e Tancredi Parmeggiani.

Peggy e Vercelli

Le mostre, ospitate a Vercelli dal 2007,  hanno proposto al pubblico opere provenienti dai musei di Venezia e di New York, riunite per la prima volta appositamente per costituire un percorso dedicato interamente alla corrente surrealista, consentendo in tal modo di ammirare lo splendido “Violinista verde” del pioniere Chagall e le opere più significative di De Chirico, Picasso fino ad arrivare a Mirò, Dalì, Ernst, Magritte, Giacometti e Tanguy, senza tralasciare Duchamp.

E poi i grandi maestri dell’arte americana, tra i quali Pollock, autore di opere fragili e raramente esposte e Rothko.

La quarta edizione delle mostre dedicate alle collezioni Guggemheim, in occasione della ricorrenza dei 150 anni dell’unità d’Italia, ha voluto omaggiare i più grandi artisti italiani, presenti nelle collezioni, attraverso un percorso a ritroso, dall’action painting e dalle sperimentazioni con nuovi materiali, fino ad arrivare alla scomposizione delle forme: da Medardo Rosso a Capogrossi passando per Balla, Boccioni, Sironi, De Chirico con la “Torre rossa”, Modigliani con “Ritratto di uno Studente”, De Pisis, Vedova e Burri.

E i famosi orecchini che ritornavano ad essere citati invariabilmente in ogni  mostra di Peggy dedicata alle due correnti artistiche a lei care sono finalmente esposti nell’ultima sala di “Arca” proprio quest’anno, tra le opere di Calder, come una vera opera d’arte.

Miriam Canonica

8 marzo 2012

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