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Leo Alati

E se Massimo D’Azeglio avesse avuto ragione?

I tedeschi, è noto, possiedono caratteristiche antropologiche uniche. Sono, sosteneva agli inizi del XIX secolo il filosofo Johann Fichte, gli unici in Europa ad avere un fattore unificatore spirituale e materiale (la lingua) che li rende “nazione”. Tale postulato, pure con le distorsioni che ne hanno scandito le interpretazioni negli anni successivi, costituisce ancora, nonostante i 40 anni di divisione in due stati, la ragione posta a base del loro way of life.

Schönhausen è un comune di poco più di 2000 abitanti situato nel Land della Sassonia-Anhalt (ex DDR), che sarebbe rimasto sconosciuto ai più se non fosse il luogo dove ebbe i natali un certo Otto Von Bismarck, luterano, “der Eiserne Kanzler” che, nella seconda metà del 1800, adottando e distorcendo il pensiero di Fichte, realizzò l’unità della nazione tedesca sotto la dinastia degli Hoenzollern, gettando le basi politico e culturali per le disastrose avventure, per tedeschi ed europei, passate alla storia come il secondo e terzo Reich.

Personalità complessa e controversa, ancora oggi oggetto di approfondimenti storici, Bismarck rimane tuttavia, nel bene e nel male, un sicuro punto di riferimento della Germania e dei tedeschi, a maggior ragione dopo il crollo dl Muro di Berlino. Sempre nel XIX secolo, all’indomani dell’Unità, Massimo D’Azeglio, eclettica personalità politico letteraria del Risorgimento italiano che fu il padre politico di Camillo Cavour, a cui sopravvisse, con malcelato pessimismo, scriveva: “Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli Italiani”.

Leri Cavour è una frazione del comune di Trino Vercellese, paese noto per la centrale già nucleare poi riconvertita a termoelettrica, dove il venticinquenne Cavour, reduce dai viaggi in Europa impiantò una fattoria modello, introducendo e sperimentando tecniche agricole innovative, sistemi idrici di irrigazione e tecniche di coltivazione che, in seguito, applicò nel ruolo di ministro dell’agricoltura nel gabinetto dello stesso D’Azeglio in Piemonte.

Il Conte era talmente legato a quei 900 ettari di terreno che anche da primo ministro continuò ad occuparsene e non perdeva occasione per farvi ritorno al punto che più di uno storico ritiene probabile che, a causa del clima insalubre della risaia, proprio durante uno dei suoi frequenti soggiorni a Leri, Cavour contrasse la malaria che lo condusse alla morte a soli 50 anni. A Schonehausen, la casa natale del Cancelliere di ferro, da decenni è adibita a museo (foto).

A Leri Cavour, quella che fu la fattoria modello del primo presidente del Consiglio dell’Italia unita, patrimonio di storia, agricoltura e memoria, dopo che la proprietà è passata tra mani pubbliche e private e viceversa, è letteralmente abbandonata a se stessa in totale rovina, a disposizione di vandali, ladri e addirittura di deficienti che giocano al soft air (guerra simulata), usandola come campo di battaglia. Un piccolo esempio di ciò che, in questo caso in negativo, segna la differenza tra tedeschi e italiani e che rende, per taluni aspetti, nonostante Alessandro Manzoni abbia tentato di “sciacquare i panni in Arno”, ancora attuale l’amara considerazione di Massimo D’Azeglio.
 

Articolo di Emanuele Pecheux pubblicato su Avanti! il 30-08-2014

4 settembre 2014

 

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