L'effetto degli scandali
Regioni, l'imbroglio federalista
Ugo Intini
Tutti gridano al delitto adesso. Il delitto è la
voragine causata dalle Regioni nei conti
pubblici. Perché sono state affidate a una torma
di locuste. Perché hanno moltiplicato burocrazia
e spese. Perché peggio ancora (il nostro piccolo
partito lo ha denunciato isolato in Parlamento)
spesso queste spese sono non soltanto inutili,
ma altamente dannose. Come quando si fa
propaganda negli altri continenti per il turismo
in Abruzzo o in Liguria e si oscura in tal modo,
creando confusione, l’unico brand proponibile e
conosciuto: il brand Italia. Dimenticando che i
cinesi partono per venire, non in Abruzzo, ma in
Europa e forse (se siamo capaci di convincerli)
in Italia.
Il punto di non ritorno verso il disastro è
stato raggiunto da tempo. Forse da quando la
stampa e la politica al completo hanno perso
anche il senso del ridicolo e hanno cominciato a
chiamare pomposamente “governatori” i presidenti
delle Regioni, quello del Molise come quello
della California (ovvero una potenza economica
che ha un Pil quasi uguale a quello
dell’Italia).
Tutti gridano al delitto, dunque, ma nessuno si
sogna di cercare l’assassino e di presentargli
il conto. Eppure non esiste nulla di più facile
e quasi ovvio. Solo la cattiva coscienza spiega
lo strano silenzio. L’assassino è la Lega. Il
conto da presentare non sono gli spiccioli
rubati dalla famiglia Bossi, bensì le decine di
miliardi di euro pubblici bruciati per
accontentare il senatur. Per lisciare il pelo a
lui (e per cavalcare la demagogia dominante) una
sinistra senza bussola ha approvato nel 2001 la
riforma del capitolo quinto della Costituzione,
con la devoluzione alla periferia dei poteri
essenziali dello Stato: persino in politica
estera.
La destra ha fatto di più e si è spinta al
paradosso. Ha strepitato a favore dello “Stato
minimo” (sull’onda della moda iper liberista
lanciata da Reagan e dalla Thatcher). Ma ha nel
contempo teorizzato e costruito la “Regione
massima”, carica di burocrazia, sedi e
competenze intrusive. Non è bastato. Senza la
catastrofe economica e gli scandali, destra e
sinistra erano pronte sino a ieri al passo
finale verso il precipizio: a regalare a Bossi
il famoso “federalismo”, di cui nessuno ha
calcolato i costi e di cui pochi hanno capito la
natura. Un federalismo del quale neppure la Lega
osa oggi più parlare.
Il delitto è compiuto. L’assassino (la Lega) e i
suoi complici scriteriati (i politici senza
principi della seconda Repubblica) sono sotto
gli occhi di tutti. Ma c’è un ultimo paradosso.
È lo spreco strutturale, sistemico, all’origine
dell’immenso danno economico. Eppure non è
questo che è stato inizialmente denunciato e che
ha originato il crollo della fiducia nelle
Regioni. È lo scandalo delle locuste come
Fiorito: disgustose, certo, ma responsabili di
aver rubato noccioline rispetto all’enormità
delle spese dissennate ancorché legali. Anche
questo scandalo non nasce dal nulla. Nasce dalla
stessa demagogia devastante che ha portato,
inseguendo la moda, non solo ad accontentare
Bossi, ma anche a delegittimare e distruggere i
partiti. Nuovismo, giovanilismo, disprezzo per i
professionisti della politica hanno
imperversato.
Il risultato è stato una classe dirigente
politica appunto di dilettanti, già inadeguata
in Parlamento, più che inadeguata, spesso
addirittura ridicola, nelle Regioni. I dirigenti
di partito con una lunga esperienza
amministrativa della prima Repubblica sono stati
sostituiti dalle Minetti e dai fascistelli
travestiti da antichi romani sotto la guida di
una governante (anzi di una “governatrice”)
scelta perché sapeva urlare in televisione più
degli altri e con più volgarità popolana. Hanno
distrutto i partiti, hanno predicato non solo lo
“Stato minimo”, ma anche la “politica minima”.
Senza più i partiti veri e la politica, non c’è
da stupirsi se i soldi (appunto, destinati alla
politica) vengono invece usati per le feste in
costume, per i regali alle amiche oppure (quando
va bene) per la sagra del fungo porcino.
Articolo pubblicato sull'Avanti della
Domenica martedì 9 ottobre 2012 |