Quegli errori giudiziari
che costano come una manovra
Indagini approssimative. Magistrati (e legali) che sbagliano.
Innocenti in cella. Enormi risarcimenti da pagare. Uno spreco umano
ed economico insostenibile, che arriva a costare allo Stato diverse
decine di milioni di euro ogni anno. L'ultimo, in arrivo,
l'indennizzo per gli accusati della strage di via d'Amelio,
ingiustamente condannati all'ergastolo e ora liberi dopo 18 anni di
carcere in regime di 41bis. Ma qualcosa adesso dovrebbe cambiare. Lo
ha detto anche il ministro Severino
C'è già un altro cittadino italiano pronto a
entrare in una classifica "poco onorevole" per il nostro Stato: si
chiama Raniero Busco e ha 46 anni. Nei prossimi mesi, se i giudici
della Corte d'appello crederanno alla "verità" riscritta dalle
perizie, sarà assolto dalla condanna a 24 anni per l'omicidio della
sua ex fidanzata, Simonetta Cesaroni, la ragazza del "delitto di via
Poma" avvenuto nella capitale il 7 agosto 1990. Se così dovesse
accadere, il caso di Busco rientrerebbe nel nutrito elenco degli
errori giudiziari. Una realtà che pesa, anche sotto il profilo
economico, sull'amministrazione della giustizia nel nostro Paese.
Parola di Guardasigilli, messa nero su bianco dal neoministro Paola
Severino nella sua relazione sullo stato della Giustizia in Italia,
presentata alla Camera a gennaio: "Solo nel 2011, lo Stato ha pagato
46 milioni di euro per ingiuste detenzioni o errori giudiziari".
I condannati della strage di via D'Amelio. L'ultima
vicenda di questo tipo, forse la più eclatante nella storia della
Repubblica, è quella dei sette uomini che erano stati condannati
come autori dell'attentato che costò la vita al giudice Paolo
Borsellino e alle cinque persone della scorta, il 19 luglio 1992.
Nell'autunno scorso, sono stati liberati: dopo periodi di
carcerazione durati tra i 15 e i 18 anni, trascorsi tra l'altro in
regime di 41 bis. La strage non era cosa loro. Il risarcimento? È
ancora da quantificare. Il 13 febbraio scorso, invece, la Corte
d'appello di Reggio Calabria ha riconosciuto un altro grave sbaglio:
è innocente anche Giuseppe Gulotta, che ha trascorso 21 anni, 2 mesi
e 15 giorni in carcere per l'omicidio di due carabinieri nella
caserma di Alcamo Marina (Trapani), nel 1976. Trent'anni dopo, un ex
brigadiere che aveva assistito alle torture cui Gulotta era stato
sottoposto per indurlo a confessare, ha raccontato com'era andata
davvero. La cosa sconcertante è che, nel 1977, fu ucciso a Ficuzza
(Palermo) anche l'ufficiale che aveva condotto quell'inchiesta con
modi tutt'altro che ortodossi, il colonnello Giuseppe Russo:
l'indagine sul suo omicidio ha prodotto un altro errore. Per la sua
morte, infatti, sono stati condannati tre pastori e, solo vent'anni
dopo, si è scoperto che esecutori e mandanti erano stati invece i
Corleonesi. Ma il caso forse più paradossale di abbaglio giudiziario
risale al 2005. Ne fu vittima Maria Columbu, 40 anni, sarda,
invalida, madre di quattro bambini: condannata a quattro anni con
l'accusa di eversione per dei messaggi goliardici diffusi in rete,
nei quali insegnava anche a costruire "un'atomica fatta in
casa". Nel 2010 fu assolta con formula piena. Per l'ultimo giudice,
quelle istruzioni terroristiche erano "risibili" e "ridicole".
Ma quanti sono, in Italia, gli errori giudiziari? Quante persone
hanno scontato, da innocenti, anni e anni di carcere? Quante vite e
quante famiglie sono state distrutte? "Una statistica ufficiale,
ministeriale, ci dice che tra il 2003 e il 2007 ci sono stati circa
ventimila errori giudiziari, un numero enorme del quale non si parla
mai, se non nei casi che fanno notizia. Ci sono poi vicende famose,
e sconcertanti, rilanciate ogni volta che si scoprono nuovi episodi:
dal caso Tortora al caso Barillà". Proprio questo aveva dichiarato,
nel dicembre del 2010, l'allora l'avvocato e docente universitario
Paola Severino, commentando la pista falsa che, durante le indagini
sul rapimento della piccola Yara Gambirasio, aveva portato in
carcere il cittadino marocchino Mohamed Fikri, accusato e subito
scagionato per l'omicidio della ragazza.
Ottomila richieste di risarcimento negli ultimi 10 anni.
Le ingiuste detenzioni e l'enorme costo economico che comportano
sono ormai al centro di una battaglia politico-legale avviata dalle
associazioni contro gli errori giudiziari. Analizzando sentenze e
scarcerazioni degli ultimi 50 anni, Eurispes e Unione delle Camere
penali italiane hanno rilevato che sarebbero quattro milioni gli
italiani dichiarati colpevoli, arrestati e rilasciati dopo tempi più
o meno lunghi, perché innocenti. Errori non in malafede nella
stragrande maggioranza dei casi, che però non accennano a diminuire,
anzi sono in costante aumento. "Nell'ultimo decennio ci sono state 8
mila richieste l'anno di risarcimento per ingiusta detenzione. E ben
2.500 sono state accolte. Ma la legge attuale non consente un
adeguato risarcimento perché fissa il tetto massimo in 516 mila
euro" afferma l'avvocato Gabriele Magno, bolognese, fondatore
dell'Associazione nazionale vittime errori giudiziari. "Noi
chiediamo l'abolizione di questo tetto, così come chiediamo che sia
tolto il limite di tempo entro il quale si può avviare la causa di
riparazione, che oggi è fissato in due anni dalla revisione del
processo e dall'assoluzione".
213 milioni di risarcimento nel triennio 2004-2007.
Senza considerare che ogni detenuto costa allo Stato 235 euro al
giorno (la metà se è ai domiciliari): quanto pesano in termini di
soldi gli errori giudiziari? I dati per i periodo 2004- 2007,
forniti dal ministero dell'Economia, in quanto ufficiale pagatore
parlano di 213 milioni di euro. I risarciti sono 3.600, per il 90
per cento italiani, per il resto stranieri. Il risarcimento più
alto, di 4,6 milioni, lo ha ottenuto Daniele Barillà, scambiato nel
1992 per un trafficante internazionale di droga per il semplice
fatto che aveva un'auto e una targa molto simili a quelle di un
narcotrafficante pedinato dai carabinieri. Per Barillà, come per
molti altri, oltre all'errore giudiziario, c'era il problema
dell'ingiusta detenzione: cinque anni e mezzo, nel suo caso. "La
vera novità è che per la prima volta, per lui, è stato accolto il
concetto di risarcire il danno esistenziale" dice l'avvocato Magno.
"Un danno che va ad aggiungersi a quello morale, biologico ed
economico". Ma è sempre dei magistrati la colpa? No: l'avvocato
Magno se la prende anche con i suoi colleghi: "In base alla mia
esperienza, la responsabilità è dei giudici nella metà dei casi, per
il resto è di noi avvocati: per i ricorsi presentati in ritardo, le
scelte difensive sbagliate o gli errori procedurali. I magistrati
possono sbagliare, come tutti: non ci interessa punirli, ma vogliamo
venga risarcita la vittima e riabilitato il suo buon nome. E di
fronte al rischio indennizzo, il giudice si autolimiterebbe e
farebbe molta attenzione nell'adottare certi provvedimenti. Senza
nulla togliere alla sua autonomia".
L'attuale normativa sull'ingiusta detenzione e sugli errori
giudiziari - secondo Magno - non sarebbe sufficiente per
compensare chi ha subito danni quasi irreparabili. Così, la sua
associazione ha già indicato alcune proposte di riforma: "La prima
questione riguarda l'ingiusta detenzione e proprio il fatto che la
richiesta di indennizzo è sottoposta a un limite di prescrizione di
due anni dalla sentenza definitiva. Questo limite ci sembra assurdo,
perché si crea una prescrizione brevissima che incide sull'efficacia
reale della tutela di chi ha subito una simile ingiustizia. Vogliamo
che quel limite di due anni sia sostituito con la clausola in ogni
tempo, per dare modo a chiunque di rivalersi. Altra proposta: creare
una sorta di automatismo che consideri le vittime di ingiusta
detenzione privilegiate nel loro reingresso nel mondo del lavoro.
Penso ai concorsi pubblici, dove la condizione di chi ha subito
malagiustizia dovrebbe essere equiparata a quella dei portatori di
handicap". |
Patrick Lumumba, inizialmente accusato
dell'omicidio di Meredith Kercher, trascorre quattordici giorni
in carcere e poi viene rilasciato e prosciolto da ogni accusa.
Per l'ingiusta detenzione ha ottenuto un risarcimento di 8000
euro. Dovrà essere risarcito anche da Amanda Knox, condannata
per calunnia nei confronti del barista congolese.
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Napoli. Le statistiche confermano che, negli ultimi 15 anni, sono
state completamente scagionate oltre 300 mila persone. Soltanto tra
il 1990 e il 1994, sono state quasi 24.500 le sentenze definitive
pronunciate con la formula assolutoria più ampia: perché il fatto
non sussiste o perché l'imputato non ha commesso il fatto. Ad esse
vanno aggiunte altre 73.326 persone assolte con una formula
altrettanto liberatoria, ma più tecnica: il fatto non costituisce
reato. In base ai dati disponibili, non proprio recentissimi, però,
errori giudiziari o ingiuste detenzioni si registrano soprattutto al
Sud. La Corte d'appello di Napoli guida questa classifica avendo
riconosciuto il maggior numero di casi: 449 risarcimenti concessi
nel 1999 (e 152 nel 2000), pari al 9,53 per cento del totale
nazionale. In seconda posizione, la Corte di Reggio Calabria che,
sempre nel 1999, ha dato al via libera a 420 autorizzazioni. Seguono
Catanzaro e Palermo, con 412 e 406 sentenze nello stesso anno. |
Il presentatore televisivo Enzo Tortora,
protagonista della più drammatica vicenda di mala giustizia del
nostro Paese. Il 17 giugno 1983 viene arrestato a Roma con
l'accusa di traffico di stupefacenti e associazione per
delinquere di stampo camorristico, sulla base delle
dichiarazioni di alcuni pregiudicati. Due anni più tardi viene
condannato a dieci anni di carcere ma le accuse si rivelano
completamente infondate nei seguenti gradi di giudizio, nei
quali viene assolto. Torna in televisione nel 1987, duramente
provato dalla sua vicenda giudiziaria. Morirà l'anno seguente a
causa di un tumore
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