Responsabile

Leo Alati

 

 

 

La Risaia

 

 

La voce dei riformisti vercellesi

Torino “la città visibile”

La società tra presente passato e futuro

 

Venerdì 24 febbraio si è svolto al circolo dei lettori un incontro condotto da Mario Calabresi, direttore de la stampa, Suor Giuliana Galli ,  vicepresidente Compagnia di San Paolo, Aldo Cazzullo giornalista del “corriere della sera” e scrittore,  Oscar Giannino, editorialista ed economista;  Maurizio Crosetti, giornalista di Repubblica in inaugurazione dei 25 anni del salone del libro

Come è cambiata nel sociale Torino?

Risponde Suor  Giuliana Gallo

Negli ultimi decenni  Torino ha visto il suo nucleo industriale impoverirsi drasticamente. La Fiat è passata  da un numero di oltre 50 mila operai a meno di 17 mila. E’ una città che presenta diversi codici culturali a partire dall’inserimento dei meridionali fino alla nuova scuola cinese e alla scuola araba. Nel 2037 la immagino non solo come un mosaico di culture ma anche con una maggior numero di quote rosa.

 

Quanto pesa la cultura tecnico-scientifica?

Risponde Oscar Giannino

Nel 1975, quando andavo all’Alfieri,  il 75%  dei compagni di scuola era comunista.  Sono cresciuto in un contesto in cui la cultura musicale era “Bella ciao”. Negli anni 60’ gli istituti tecnici industriali erano il punto di partenza per l’assunzione certa: si usciva da scuola, si attraversava la strada e si trovava lavoro nel palazzo di fronte. Ora i ragazzi vivono nell’illusione universitaria del lavoro, sottovalutano gli istituti tecnici ma è dalla tecnologia industriale, dalle nanotecnologie e dalle biotecnologie che bisogna puntare per la crescita e il ritorno dei cervelli.

 

 

Perché Torino è riuscita a cambiare senza buttare giù i quartieri in confronto a Detroit?

Risponde Maurizio Crosetti

Quando vissi nella città d’oltreoceano rimasi affascinato da tutti quei grattacieli che mi diedero una idea di radiosità. Detroit è una città costruita al contrario: è come se la Falchera fosse in centro e viceversa. Dopo la rivolta dei neri che vede coinvolta la città americana nel 1967 passò da 2 milioni 800 mila abitanti ai 700 mila attuali in forte ripresa.  Torino è una città spenta che non conosce futuro.  Dopo il tentativo di ripresa dalla crisi Fiat agli inizi del Duemila l’ex capitale è una città apatica che attende.

Interviene Calabresi:  Negli StatI Uniti si accoglie l’idea di rinnovo, di ricrescita. I cittadini ogni giorno si interrogano su come risolvere la crisi e su come trovare lavoro mentre qui le diatribe comunali sono per il nuovo grattacielo che non deve superare i 167 metri della Mole Antonelliana. Poco tempo fa in occasione delle “Olimpiadi della Chimica” il Gobetti Marchesini venne rappresentato da un marocchino perché il più meritevole del polo universitario. Mandai un giornalista per intervistarlo ma dopo quattro giorni non mi invio ancora nulla al punto che io gli dissi “cosa ci vuole a intervistare un ragazzo? Vai davanti a scuola, aspettalo all’uscita!”. L’inviato mi disse “non riesco a intervistarlo perché subito dopo scuola corre a lavorare e mi ha detto che non può perdere il lavoro per un’intervista!

 

Come ha inciso il cambio di capitale da Torino a Roma?

Risponde Oscar Giannino

L’identità, a Torino come in Italia, è un valore molto fragile: da una parte c’è chi sostiene che il sud è la palla al piede per il Nord, dall’altra i neoborbonici  ricordano come il Nord sia stato la sanguisuga che ha portato il Sud nelle condizioni in cui si trova. Questi revisionismi storici devono essere superati. La politica tradizionale sta facendo il suo tempo e ora, più che mai, è necessario ripartire dall’italianità e puntare sulla scuola in un momento in cui mancano le sedie nelle università.

 

Un  idea forte su cui basare il futuro di Torino?

Risponde Suor Giuliana Galli

Responsabilità. Un  vecchio detto dice “Non aspettare quello che la tua nazione può fare per te, vedi ciò che puoi fare tu per lei”. Oggi invece si scade nell’assistenzialismo. Quando la neve ha imbiancato l’Italia da una parte la gente si lamentava della politica e dei sindaci, dall’altra c’era chi prendeva la pala e si dava da fare per spalare la neve.

La Tav  significa 2,700 miliardi di euro per 10 anni di mutuo. Il problema è che ci difendiamo dai rischi più che pensare alle possibilità. Nel 2037 immagino una città con una grande cultura sviluppista.

 

Brevi repliche conclusive:

Calabresi: Torino ha bisogno di più “fame” e qualche sedia in meno ai giovani per recuperare la fame di qualche tempo fa.

Crosetti:  Stiamo viziando troppo i nostri figli che sono sempre meno preparati all’assenza di possibilità.

Giannino: Il benessere ci ha viziati ma è meglio così. E’ chi arriva da lontano ad avere più “fame”: una fame metaforica che toglie una fame reale.

Suor Giuliana Galli: Ci vogliono degli esempi che dimostrino ai giovani che la vita è bella e vale la pena essere vissuta. Deve fuoriuscire quella capacità di dare una mano che è nel Dna di ognuno di noi. Lo Stato ora non è in grado di farlo, non è in grado di far battere un giovane per il merito.

Si deve riuscire ad abbattere “il muro dei 167 metri”.

 

A cura di Corrado Alati

pubblicata da Federazione Giovani Socialisti - Sezione di Torino il giorno domenica 26 febbraio 2012 alle ore 18.48 ·

(28 febbraio 2012)

© 2012 La Risaia   Mensile dei riformisti vercellesi

Webmaster & Design by Francesco Alati

Home