Referendum,
intervista alla senatrice a vita Elena Cattaneo
"Ho visto politici disposti a
tutto per il consenso"
Sul
referendum: "Sento urlare slogan che umiliano la discussione
e i cittadini, a cui si chiede devozione verso un sì o verso
un no". In particolare: "Si dice che questa riforma riduca i
costi della politica, che disegni un Senato simile a quello
tedesco o francese. Ma è falso. E non accetto la menzogna
nel 2016. Non posso accettare che i cittadini siano
ingannati in questo modo".
Il sentimento che cita più spesso in questa conversazione
con l'Huffington Post Elena Cattaneo – professoressa di
farmacologia, biologa, ricercatrice, senatrice a vita dal
2013 e ora autrice di un libro che fa il bilancio della sua
esperienza in parlamento "Ogni giorno. Tra politica e
scienza" (Mondadori, 205 pagine, 19,50 euro) – è "tormento".
E la si vede – proiettata su uno schermo dalla telecamera
del suo pc nel corso di una videochiamata Skype –
raggomitolarsi nello sforzo di asciugare le parole
dall'emozione, pulirle dall'istinto di pronunciarle senza
meditarle a fondo: "Mi raccontano che è difficile spiegare
la riforma costituzionale. Che è necessario comunicarla
così, dicendo cose false. E non capisco come si possano
riavvicinare le persone alle istituzioni in questo modo. È
una politica fallimentare, questa, che non mi troverà mai
dalla sua parte".
Quando dice "persone" la professoressa Cattaneo non ha in
mente gli esperti che frequenta in aula o nei convegni dei
ricercatori, ma, probabilmente, quelli come suo padre: "Un
operaio Fiat che mi ha sempre insegnato a essere
intransigente con me stessa, coltivando il desiderio di
superare i limiti. Mi piaceva moltissimo andare a trovarlo
in fabbrica a Milano, in Corso Sempione. Quando era salito
di qualche grado nella gerarchia interna, lo vedevo
camminare con la sua tuta bianca. E pensavo a come l'aveva
conquistata, frequentando le scuole medie a trent'anni, dopo
la guerra. Ancora oggi mi racconta di quando i suoi compagni
di classe lo videro arrivare per la prima volta e corsero in
aula. Pensavano fosse il professore. Invece, li raggiunse e
si mise a sedere insieme a loro".
Che insegnamento ha tratto?
Il gusto per i piccoli avanzamenti e la voglia di scoprire
l'ignoto che c'è dietro la montagna. Anche la scienza si
muove così: con una scoperta minuta dopo l'altra, andando
verso qualcosa di oscuro, che non si conosce.
Ha imparato anche la passione politica in
famiglia?
A casa c'era un grandissimo rispetto per la cosa pubblica,
ma non una travolgente passione per i partiti. Alla politica
mi sono avvicinata con il mio lavoro di scienziata.
Raccontando le ricerche, rendendo conto dei soldi che
ricevevo per farle e interrogandomi su quale sia il modo
migliore per investire i finanziamenti pubblici.
Nel 2013 Giorgio Napolitano la chiama e le chiede
di fare la senatrice a vita. Come è stato l'incontro tra
scienza e politica?
Per quel che ho visto, l'incontro non c'è. Il più delle
volte la politica vuole servirsi della scienza per
realizzare i suoi fini. E, viceversa, alcuni scienziati
vogliono usare la politica per trarne dei benefici. È
deludente constatare che nel 2016 non ci sia ancora né una
collaborazione reale né la volontà di mettere l'una a
servizio dell'altra.
Sta crescendo anche la diffidenza verso la
scienza?
Sento una sfiducia generalizzata verso le competenze. Tutte
le competenze. E internet ha peggiorato le cose. Ci sono
persone che sul web condividono esperienze e si rafforzano
nelle loro convinzioni irreali. Basta qualche paginetta e ci
si inventa esperti di conflitti mediorientali o di cellule
staminali. Diventa difficile persino spiegare che i vaccini
non causano l'autismo, che il fatto che i sintomi della
malattia si manifestino alla stessa età in cui si iniettano
i vaccini è solo una correlazione, non un rapporto di causa
effetto. Credo però che questa diffidenza riguardi solo una
minoranza di persone.
È una minoranza che però oggi ha trovato una
rappresentanza politica: Donald Trump negli Stati Uniti e
alcune posizioni anti-scientifiche – "l'Aids non esiste",
"si può convivere con il cancro" – di Beppe Grillo in
Italia.
È un fenomeno pericolosissimo. Alimenta un'isteria di massa
che fa sì che l'opinione di un ciarlatano valga quanto
quella di un esperto. Pensi a Stamina: a un certo punto è
arrivato un signore che diceva di poter curare tutti. E noi
– io, Michele De Luca, Paolo Bianco – a spiegare con grande
difficoltà che non era così. Con il parlamento che non
riusciva a distinguere tra le opinioni di un impostore e le
verità della scienza. Le fesserie e i fatti messi sullo
stesso piano: un messaggio terribile.
Perché è successo?
La politica non riesce a fare argine perché cerca i voti,
non la verità. E lo fa anche a costo di accarezzare certe
pulsioni. Ho visto politici disposti a sostenere l'irrealtà
pur di guadagnare un briciolo di consenso in più.
Un resoconto amaro, il suo.
Per natura sono super ottimista, ma non posso nascondere che
la scienza fa fatica a entrare nel parlamento italiano. È
bandita, ignorata, utilizzata solo strumentalmente. C'è una
parte della politica che si sente minacciata dal suo metodo.
E un'altra parte che capisce le sue ragioni, ma non è
disposta a rinunciare al consenso che ha costruito intorno
ad alcune posizioni, come quelle contro gli OGM. Sono pochi
coloro con cui si può discutere veramente.
E la sua categoria?
Penso che anche gli scienziati a volte – come è successo con
Human Technopole – vogliano usare la politica per scopi
personali. È un errore gravissimo, a cui mi sono opposta.
Perché la virtù più importante che la scienza può dare alla
politica è l'indipendenza di giudizio.
Se la riforma costituzionale passerà, non
potranno più essere nominati dei senatori a vita. È una
perdita o un guadagno per l'Italia?
Fare il senatore a vita può essere un valore aggiunto per il
paese se la nomina non è vissuta come una medaglia da
appuntarsi al petto ma come la intendevano padri
costituenti, cioè un modo per aggiungere competenze e
sguardo largo al parlamento.
Ha altre perplessità?
Non ho apprezzato la discussione che c'è stata in aula né
quella che stiamo facendo nella campagna referendaria. Mi
stupisce che chi sostiene questa riforma porti avanti degli
argomenti che si sgretolano alla prova dei fatti: la
riduzione dei costi, la somiglianza del nuovo senato con
quello francese o tedesco. Semplicemente, non sono veri.
Non c'è niente che la convinca?
Mi convincono la fine de bicameralismo perfetto e
l'eliminazione della fiducia al senato. Ma il senato doveva
essere uno strumento di controllo dei cittadini, non un
luogo di rappresentanza dei cooptati dalla politica.
Peraltro, non eletti direttamente dal popolo. E che si
aggiunge a una camera composta da nominati dai partiti. Mi
sembra un salto nel buio.
E nell'approvazione cosa non andava?
In privato alcuni senatori hanno espresso anche con me le
loro riserve. Poi, però, sono stati costretti a votare sì
per obbedire alla disciplina di partito. Mi turba il fatto
che un politico possa non essere libero. E mi preoccupa,
anche.
Cosa farà se vincerà il sì?
Sarò al servizio dei cittadini, qualsiasi cosa decidano.
Intervista di Nicola Mirenzi pubblicata
su L'Huffington Post il 9 ottobre 2016 |