L’uomo che salva il
cacao più raro.
“Così ho
trovato la qualità
perfetta”
In Venezuela a
vendere depuratori,
assaggia il “criollo” e
se ne innamora. Oggi
dalla sua azienda nel
Torinese passa metà
della produzione
mondiale
L’ex
fiscalista Gianluca
Franzoni ha scoperto
l’amore per il cacao
durante un viaggio
di lavoro in
Venezuela nel 1993.
La sua fabbrica di
cioccolato si trova
a None, nel
Torinese. 60
tonnellate. È la
produzione mondiale
di cacao Criollo.
Trenta sono
marchiate Domori.
Ci sono incontri che
cambiano una vita,
che trasformano un
uomo in un cavaliere
capace di dedicare
l’esistenza a una
missione. Gianluca
ha scelto il cacao
più prezioso, il
Criollo.
Tutto cominciò
nel 1993 mentre il
signor Franzoni era
in Venezuela a
vendere impianti di
depurazione delle
acque. Era in fuga
dalla sua Bologna,
stufo di stare
chiuso in uno studio
di fiscalista. Stava
cercando una nuova
ragione di vita. E
l’ha trovata in nomi
magici e segreti ai
più come «Chuao» o «Porcelana»,
le qualità più rare
del cacao Criollo.
Oggi ha aperto la
sua fabbrica del
cioccolato a None,
profondo Nord Ovest
a 28 chilometri da
Torino. E proprio in
questi giorni quella
parte di mondo che
si danna l’anima per
salvare il cacao più
prezioso ha scoperto
che delle 60
tonnellate di
Criollo rimaste sul
pianeta almeno 30
passano per lo
stabilimento di
Gianluca, la «Domori»,
uno dei gioielli del
gruppo Illy. Una
fabbrica aperta non
per caso in Piemonte
ma perché - come
dice proprio
Franzoni - solo quel
territorio offre
artigiani in grado
di progettare
macchinari per
trasformare il sogno
del Criollo in
realtà. Si parte da
una materia prima
che arriva da 160
ettari di
piantagioni
coltivate in quel
pezzo di Venezuela
così ricco e
affascinante da
farsi battezzare «Isla
de Gracia» da
Cristoforo Colombo.
Ma non è stato
facile. All’inizio
della sua avventura
Franzoni più che un
cavaliere era un
Indiana Jones del
gusto. I coltivatori
incontrati in
Venezuela gli
raccontavano di
antichi semi di
cacao andati
perduti. «Il mercato
era in mano alle
multinazionali -
spiega Franzoni - e
per loro conta solo
la varietà
“Forastero” che è la
meno buona, ma anche
la più resistente e
produttiva. Ma nella
memoria dei
contadini restava
quel cacao quasi
mitico. Pensate che
fino
all’industrializzazione
il cacao dominante
era il Criollo con i
suoi aromi nobili.
Poi le fabbriche
hanno cambiato
tutto».
I semi perduti
del Criollo sono
diventati una
piantagione e poi
un’azienda. Ma in
mezzo Gianluca
Franzoni ha vissuto
da monaco del cacao
guidato quasi solo
dall’olfatto tra
campi e laboratori
di tostatura per
imparare tutto sulla
sua missione. Così
convinto di quello
che stava facendo da
darsi un soprannome:
«Mack Domori, il
cavaliere che salva
il Criollo» e con
questo pseudonimo
decide di scrivere
poesie, ovviamente
sul cioccolato. I
tentativi di trovare
la qualità perfetta
- ogni tipo di cacao
ha i cru come il
vino anche se qui il
territorio non
c’entra, tutto
dipende dalla
genetica - si
svolgevano in una
cucina in Venezuela
tra prove di
tostatura e il rito
quasi magico «di far
diventare i semi di
cacao una pasta
liquida fluida e
densa».
L’ex fiscalista è
diventato così un
artigiano del
cioccolato, ma il
sogno era diventare
un industriale,
compiere in Italia
la sua missione di
cavaliere,
trasformare e far
conoscere al mondo
quella varietà di
cacao che non ha
antociani, non ha
tannini ed è così
morbido in bocca da
cancellare quella
definizione così
fuori luogo per il
cioccolato:
«cioccolato amaro».
Oggi l’ultima
missione è quella di
sconfiggere la
burocrazia e la
povertà del
Venezuela, dove i
permessi arrivano
sempre più tardi e
dove l’assenza di
cibo e denaro spinge
i contadini a rubare
i semi preziosi. Ma
il cacao è buono e i
buoni vincono
sempre.
Articolo
di Luca Ferrua
pubblicato su La Stampa
l'1 maggio 2016
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