Responsabile

Leo Alati

I bluff sui conti pubblici

Sullo stato dei nostri conti pubblici, è meglio prestar fede alle dichiarazioni (verbali) del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi e del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che continuano a ripetere che è ottimo, oppure tener conto dei numeri (scritti) nel bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2015, ora legge 191 del 23 dicembre 2014? Pur concedendo che chi governa non deve creare allarmismi, forse sono più attendibili i dati esposti nel bilancio. Né migliorano per il “maggior occhio benevolo” che Matteo Renzi afferma di aver “conquistato” da parte dei controllori europei. I numeri scritti sono elementi che non mutano a seconda del vento che tira. La realtà che i due suddetti personaggi hanno rappresentato nel bilancio è questa. Ne emergono evidenti bluff tra cose che dicono e cose che scrivono.
Nel 2015, lo Stato prevede di incassare 495,7 miliardi e prevede di spenderne 625,6. La differenza negativa è dunque di 129,9 miliardi. Come si copre? Facendo debito, cioè emettendo titoli e obbligazioni varie. E’ un fatto che vale per tutti: se si spende di più di quanto s’incassa, ci si indebita. Poiché questa situazione è permanente negli anni, il debito pubblico italiano cresce in continuazione. Per fine 2014 (mancano ancora i dati ufficiali), è stimato in oltre 2.160 miliardi. Secondo i dati della Banca d’Italia – questi definitivi – è aumentato, nel periodo gennaio-agosto 2014, da 2.090,2 a 2.148,4 miliardi. In un’azienda privata, una situazione di questo genere creerebbe il panico. Il fallimento è dietro l’angolo. Non potendo fallire, l’Azienda Stato non si spaventa (ecco la ragione delle dichiarazioni accomodanti e sornione di presidenti e ministri). Può permettersi questo e anche altro di peggio. E così i governanti, per tranquillizzare i cittadini, da un lato agitano la bandierina della diminuzione dei tassi d’interesse (spread), per cui fare debito costa meno (per il 2015, sono comunque previsti 87,9 miliardi di spesa per interessi per il debito pubblico, che però salgono a oltre 90 miliardi nel 2016 e 2017). Dall’altro (meno tranquillizzante), infilano nelle leggi subdole “clausole di salvaguardia” che, parlando terra a terra, altro non significano che più tasse per i cittadini se la spesa continua a crescere (nel 2015 – legge di stabilità 190/2014, art. 1, co. 718 e 719 – si stabiliscono pesantissimi aumenti dell’IVA che contrarranno ulteriormente i consumi, agendo all’opposto di come si dovrebbe agire).
I dati di dettaglio confermano il quadro ingannevole. Si prevede di incassare 444,1 miliardi di tasse (dei quali però ben 11,8 derivano dai giochi del lotto e dalle lotterie; lo Stato continua a dimostrarsi un ottimo biscazziere). Queste entrate sono sostanzialmente stabili rispetto al 2014. Di contro, le spese ordinarie che occorrono per far funzionare la baracca statale ammontano a 583,6 miliardi. Nel 2014 erano 546,3 miliardi. Evidentemente, la tanto strombazzata spending review ha prodotto poco, anzi nulla. La fame del moloch statale continua ad essere incontenibile. Risibili le altre entrate risultanti nel bilancio. Le tanto proclamate vendite di immobili dello Stato procureranno entrate di appena 729,5 milioni. Un po’ meglio del 2014, dove si prevedevano incassi per soli 510,0 milioni, ma quasi insignificanti nel 2017: in quest’anno, le entrate da vendite di immobili si riducono a 107,5 milioni. Altri ripetuti bluff sui conti pubblici (resta un mistero come potranno piani di dismissione degli immobili pubblici contribuire ad abbattere, con ricavi di questa entità, il debito pubblico; eppure si continua a sostenere questo). Un’ ultima nota.Investimenti. In sede europea, Matteo Renzi s’è battuto per farli escludere dal Patto di stabilità (le famose flessibilità del Patto di stabilità). Sembra che abbia convinto. Ma nel bilancio dello Stato italiano 2015 gli investimenti valgono appena 42 miliardi (sulla citata spesa complessiva di 625,6 miliardi) e si ridurranno a 34 negli anni 2016 e 2017. Anche se non contabilizzati nel Patto di Stabilità, si dubita che rappresentino il volano per far ripartire la crescita, ora ed a maggior ragione nel triennio 2015-2017 considerando che addirittura diminuiscono. Forse, anche il Governo non crede che la situazione possa migliorare in futuro. Ed allora, perché continuare a bluffare? Illudere i cittadini è la cosa peggiore.
Il bluff continua anche se spostiamo lo sguardo sulla finanza locale. Il Sindaco di Torino e Presidente dell’Anci Piero Fassino dichiara (sembrerebbe in contrapposizione col Governo centrale peraltro a lui politicamente contiguo) che la riforma degli enti locali (avvio delle Città Metropolitane, ridimensionamento delle Province) non decollerà per mancanza di risorse. Il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino (evidentemente anch’egli in dissenso col Governo centrale peraltro anche a lui contiguo politicamente) si lamenta dell’ulteriore taglio che subiranno i finanziamenti alla Regione Piemonte: 50 milioni in meno di fondi europei, che dovevano servire per fronteggiare l’emergenza causata dal dissesto idrogeologico (anche se sorprende un po’ sentir dire che si tratta di fondi Ue della programmazione 2007-2013; se erano stati assegnati, di chi è la colpa del mancato utilizzo che oggi ne determina la cancellazione da parte dello Stato?). E poi risulterebbe che restino ancora da definire le ulteriori riduzioni di 1 miliardo ai fondi dei Comuni e di 4 miliardi a quelli delle Regioni. Eppure, nonostante tutto questo, il Governo di Matteo Renzi continua a dire che il Paese va a gonfie vele.
Nella finanza locale, si aggiunge poi un altro bluff. Per questa, da tre anni si annuncia una rivoluzione contabile che dovrebbe finalmente fornirne un quadro non taroccato dei conti degli enti locali. I nuovi sistemi contabili dovevano partire dal 1° gennaio 2015. Tenendo conto del caos generale che regna nei conti pubblici (checché sostenga il Governo), si è però ritenuto di dare la possibilità a Città metropolitane, Comuni e Province di spostare al 31 marzo 2015 il termine per la deliberazione dei bilanci di previsione per l’anno 2015. Qualche mente illuminata che lavora nei palazzi romani dovrebbe spiegare come si possa arrivare alla certezza dei conti degli enti locali facendo bilanci continuamente sottoposti a balletti. Buon alibi per gli enti locali per continuare a taroccarli come si è fatto finora.
I bluff continuano guardando anche ad altri settori della finanza pubblica. I conti pubblici vanno bene. Eppure mancano le risorse per corrispondere stipendi a precari presenti in tutte le funzioni svolte dall’amministrazione pubblica (scuola, sanità, ordine pubblico) e pensioni a “esodati” rimasti totalmente al verde, per i rinnovi contrattuali nell’impiego pubblico, per dare una dignità da terzo millennio ai trasporti pubblici, per la tutela del territorio e dei beni culturali, per la ricerca scientifica e per il progresso nella digitalizzazione del Paese. E così all’infinito.
Le conseguenze dei bluff sono crudamente fotografate nel Supplemento al Bollettino Statistico della Banca d’Italia del 16 dicembre 2014: “Risorse delle famiglie, anno 2013”. Dai grafici e dalle statistiche contenute nel Bollettino, emerge che la ricchezza delle famiglie italiane (abitazioni, terreni, azioni, obbligazioni, depositi bancari e postali, ecc.) – che ammontava alla fine del 2013 a 8.728 miliardi di euro – è diminuita, rispetto al 2012, di 123 miliardi di euro (1,4%). E, dalle prime stime, ci sarebbe stata un’ulteriore diminuzione dell’1,2 % nel primo semestre 2014. Il calo sarebbe stato anche maggiore se non fosse stato compensato da una crescita dei risparmi (se resta qualcosa, le famiglie lo mettono in banca perché hanno paura del domani). Purtroppo, nel primo semestre 2014, hanno ceduto anche questi, e il segnale è molto brutto. In tutto questo i “gufi” non c’entrano. C’entrano, concretamente, le saccocce degli italiani e c’è la prova provata che la recessione morde
A conti fatti, i bluff sui conti pubblici sono specchietti per allodole abilmente utilizzati dai governanti di tutti i tempi per acquisire consenso da parte dei cittadini. Gli specchietti per allodole abbagliano gli uccellini che cadono nella rete. Sta ai cittadini a non farsi abbagliare. Ma anche a precipitarsi nella rete di chi è il migliore abbagliatore del momento.

Articolo di Manacorda, economista pubblicato su Lo Spiffero il 18 Gennaio 2015

(18/1/2015)

 

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