Io
dico no: questa riforma segna il passaggio dalla
democrazia al potere dell'oligarchia
Intervista a Gustavo Zagrebelsky
Il professore:
"Con il ddl Boschi assistiamo alla blindatura del
potere, alla sua concentrazione nelle mani
dell'esecutivo ai danni di Parlamento e cittadini"
È un riforma? "Lo sa come si chiama la corazza
della tartaruga? Carapace. La mia risposta
allora è: questa riforma è il carapace del
potere". Comincia così l'intervista con il
professor Gustavo Zagrebelsky.
Dicono che sarà divertente vedere
alleati lei, Rodotà, Berlusconi, Brunetta e
Salvini. Non è una compagnia imbarazzante?
"Ma davvero a qualcuno è venuto in mente di dire
questo? E a chi?".
A Orfini e Boschi, e non solo...
"Ma fanno torto alla loro intelligenza".
E perché mai?
"Perché confondono la Costituzione con la
politica d'ogni giorno. Si può essere
lontanissimi politicamente e concordare
costituzionalmente".
Non mi dica che pure Berlusconi difende
la Costituzione...
"Io non faccio processi alle intenzioni. Non la
colpisce il fatto che a favore della riforma sia
il governo e tutta la maggioranza e contro siano
tutte le opposizioni, destra e sinistra, senza
eccezione?".
E che ci trova di strano?
"Soffermiamoci sul punto. La Costituzione
dovrebbe essere la regola della convivenza tra
tutti. Di tutti con tutti. Una garanzia
reciproca. Invece, nel nostro caso, la riforma
della Costituzione è stata promossa dal governo,
imposta dal governo e votata dalla maggioranza
del governo. Questi dati di fatto non le fanno
sospettare che questa cosiddetta riforma della
Costituzione sia una "blindatura" di un giro di
interessi che ha conquistato il potere e se lo
vuole tenere stretto?".
Ammetterà che senza questa "blindatura"
non si sarebbe mai riusciti a cambiare la
Costituzione in modo condiviso.
"E con ciò?".
Renzi e i suoi ritengono che cambiarla
serva all'Italia.
"In realtà dicono che l'Italia aspetta da 30
anni questa riforma. Sarebbe più giusto dire che
a qualcuno, e tra questi ora i nostri
"riformatori", la vigente Costituzione non è mai
piaciuta".
Invece lei perché la difende a ogni
costo?
"Qui tocchiamo la vera posta in gioco. È in
corso da 30 anni un'involuzione che ha
rovesciato la piramide della democrazia. La
base, cioè i cittadini, le loro associazioni, le
strutture sociali, contano sempre di meno, e
sempre di più contano i vertici, che siano i
vertici dei partiti o delle istituzioni. Questa
è un'involuzione che tecnicamente si può
chiamare il passaggio dalla democrazia
all'oligarchia".
Il suo timore qual è? Il partito unico?
Il leader unico? L'opposizione azzerata? Il suo
pessimismo cosa nasconde?
"La mia è una pura constatazione. I partiti, a
cominciare dal Pd, che dovevano essere canali di
organizzazione e partecipazione politica, sono
stati distrutti. In essi domina ormai il "caro
segretario" che controlla il partito e
attraverso di esso opera nelle istituzioni. I
sindacati sono in grave difficoltà e chi
governa, invece di preoccuparsi, se ne compiace.
La maggioranza del Parlamento opera sotto la
sferza del governo. La legge elettorale,
Porcellum o Italicum che sia, mette nelle mani
del segretario del partito la selezione dei
candidati sulla base di un rapporto di fedeltà
personale. E il governo è composto da ministri a
disposizione del leader. Non le pare che tutto
ciò comporti una concentrazione del potere al
vertice e una privazione alla base?".
Renzi e Boschi le risponderebbero che
queste sono le analisi dei professoroni che
vogliono mantenere lo status quo.
"Lo status quo è per l'appunto quello che ho
appena detto, ed è proprio ciò che noi vogliamo
combattere. Onde, se vogliamo usare l'abusata
categoria dei conservatori, siamo noi gli
innovatori e sono i sedicenti innovatori
costituzionali a essere paradossalmente i veri
conservatori o, per essere espliciti, i
blindatori".
Davvero pensa che modificare l'attuale
Senato risponda a questo progetto?
"Guardi che la riforma costituzionale non tocca
solo il Senato, ma in generale redistribuisce i
poteri in maniera tale che il baricentro si
sposta radicalmente a favore dell'esecutivo. Il
Parlamento risulterà sottomesso alle iniziative
del governo. Gli organi di controllo, Corte
costituzionale e perfino il presidente della
Repubblica, ricadranno nell'orbita di Palazzo
Chigi. Non di per sé, ma per l'effetto congiunto
della riforma costituzionale e della legge
elettorale. La verità è che i problemi
istituzionali vanno visti nella complessità di
tutti i loro elementi".
Per questo parla di riforma "esecutiva"?
"Viviamo in un tempo esecutivo. Ha notato come
vengono denominati i vagoni di lusso nei treni
ad alta velocità? Executive, non legislative, or
judiciary... Segno dei tempi".
Esecutivi di cosa?
"Se guardiamo la letteratura internazionale si
direbbe degli interessi dei grandi gruppi
economico-finanziari e militari. Vuole qualche
citazione?".
No, per carità... Ma con riguardo al
nostro Paese?
"A vederli da qui appare solo la mediocrità
della nostra classe dirigente. Che qualità di
interessi sono quelli che emergono, per esempio,
in questi giorni dalle indagini sul sistema
bancario?".
Dice Renzi "se perdo il referendum
lascio la politica". Che effetto le fa?
"Un po' di megalomania".
E perché?
"Per due motivi. Primo: sembra una parodia del
generale De Gaulle del 1969. Anche lì un
referendum, guarda caso sul Senato, dal cui
esito il Generale fece dipendere la sua
permanenza in
carica. Secondo: il proprio futuro politico
scommesso sulla riforma della Costituzione.
Renzi ha posto quella che tecnicamente si chiama
una questione di fiducia sulla riforma. In
questo modo ha dichiarato ufficialmente che
questa riforma non è costituzionale, ma è
governativa".
Intervista di
Liliana Milella pubblicata su Repubblica il 13 gennaio
2016 |