Mattarella presidente
Con 4 minuti di applausi è nato il partito della
nazione
Con
quattro minuti di applausi è nato il Partito della Nazione. Che a sorpresa si è
rivelato non essere quello del patto del Nazareno fra sinistra e Berlusconi, né
quello della rivincita del grande Ulivo. Ma nemmeno, come già si scrive, il
ritorno della Dc, della Balena Bianca.
In quei quattro minuti di emozione si è celebrato, dietro e dentro il nome di un
uomo, Sergio Mattarella, la caduta e rinascita di due storie politiche che ormai
era quasi impossibile celebrare, quella cattolica Dc, e quella della Prima
Repubblica; le due esperienze finite con l'essere sinonime l'una dell'altra e,
insieme, sinonimo di sconfitta.
Ma non appena il nome di Mattarella è stato calato si è visto quanto vive ancora
fossero quelle due storie e idee - l'attrazione esercitata dal grande vecchio ex
Dc ha infatti agito immediatamente da calamita per tutto quello che di questo
passato si era fatto da parte, magari mascherato, ma mai scomparso. Al di là
delle decisioni dei vertici dei partiti, tanti voti hanno lasciato cosi' le
simil-Dc nate nella Seconda Repubblica, e si sono diretti verso un naturale
centro di gravitazione, lasciandosi dietro sfasciate sia la Forza Italia di
Silvio Berlusconi, sia la moderna Dc che stava costruendo faticosamente Alfano.
Tuttavia, il numero di consensi raccolti, i quasi due terzi dei voti, è tale da
non poter essere spiegato solo dall'orgoglio del passato, dall'eco del "per
sempre Dc" che Mattarella ha risvegliato. La ex Balena Bianca non ha più quei
voti.
Intorno al nome del nuovo Presidente si è messo in moto un processo di
inevitabile sollievo, l'emersione di quella eterna anima solida e nascosta del
grande moderatismo italiano, quel ceppo immarcescibile su cui tende a tornare
sempre la storia del paese quando si affloscia, il luogo in cui si rifugia
quando I toni sono troppo alti, e le istituzioni troppo deboli, il luogo in cui
la fede (politica prima ancora che religiosa) trova un suo educato rispetto e la
dialettica politica si fa più muta. Un moderatismo divenuto negli anni oggetto
di feroce contesa e disprezzo - come se solo i toni di guerra potessero
albergare in politica - e che in Mattarella da destra e da sinistra stavolta ha
visto una stella polare intorno a cui riaggregarsi: il Partito della Nazione,
appunto, in cui c'è ora posto per tutti, con identico cuor contento.
Nel Parlamento, le vibratili sensibilità politiche hanno subito prodotto nuove
intese sentimentali e inimmaginabili, fino a ieri, scenari. Rosi Bindi che
intreccia le sue mani a quelle di un sorridente Luca Lotti è forse la foto più
emblematica di questo nuovo mood. Ma dovremmo inserire in un album di famiglia
prossimo venturo anche il ritorno, con gentile tempismo, di uomini di altre
epoche, come Salvatore Cardinale, ex ministro delle Telcomunicazioni da anni
sparito per lasciare in eredità la sua carriera politica alla figlia, o Vito
Riggio, o la ex Cisl in massa, perfettamente combinati con la cortese attesa di
Delrio, e la implacabile opera di cucitura di consenso di Maria Elena Boschi
fino all'ultimo possibile voto intorno al Presidente designato.
Per tutto questo è meglio parlare di Partito della Nazione, e non di ex Dc -
questo nuovo partito ha radici cattoliche ma si nutre anche di una naturale
gravitazione al centro, e di una finalità fisica tendente al monocolore: se
dovessimo oggi consultare il famoso Cencelli troveremmo il massimo di leve di
potere nelle mani di moderati di origine cattolica, con un neo-allineamento di
radici culturali fra Palazzo Chigi e Quirinale.
Il formarsi di questa nuova coesione è oggi ragione di plauso per tutti. Una
elezione così compatta del Presidente della Repubblica non era scontata. E ha
già avuto, un effetto rasserenante del clima politico.
Per Matteo Renzi questa elezione è un po' la fine del suo praticantato come
Premier. Arrivato a Palazzo Chigi con una forzatura istituzionale, e diventato
Segretario del Pd con una audace conquista, in questo primo anno Renzi ha dovuto
soprattutto inserirsi davvero nel suo ruolo, dare al potere la forma che vuole
non solo dominarlo. I modi della scelta del Presidente e la formazione di questo
grande centro intorno al voto, fornisce ora a Renzi finalmente uno spazio di
consenso non precario, tutto suo, con un partito oggi più simile a quello che
lui voleva di quello che ha ereditato.
Ma, come si diceva, questo Partito della Nazione, come lo stiamo chiamando,
rimane molto divisivo. In effetti mette da parte Berlusconi, ma anche l'anima Pd
dell'Ulivo. Frantuma la destra che voleva fare da raccolta dei nuovi moderati,
ma di colpo mette da parte anche tutta la leadership e la dinamica della classe
dirigente ex comunista o socialista o laica del Pd. Manda fuori scena, insomma,
tutta la Seconda Repubblica - stabilendo un nuovo curioso asse fra quarantenni e
settantenni, fra Prima e Terza Repubblica.
Il Pd oggi e' contento, e a ragione. La sua anima moderata e di governo si è
consolidata insieme a Renzi. La Guerra tra i tanti ex leader che hanno guidato
quel partito è certamente messa da parte - e questo può solo dare serenità al
nuovo equilibrio politico. Ma qui non si tratta solo di ambizioni private e
nemmeno solo di diverse anime politiche - si tratta di capire se quella
complessa esperienza che è stata l'Ulivo, che dopotutto ha dato forma alla
Seconda Repubblica, potrà continuare a trovare una sua rappresentazione in
questo nuovo corso. Per dirla più semplicemente - la sinistra non cattolica, non
moderata, gli ex ds o il sindacato, o le esperienze più radicali, come si
aggiusteranno a questo nuovo clima?
Complicato quadro. Ma c'è da sperare che l'equilibrio del dodicesimo Presidente
e una maggiore tranquillità conquistata del Premier possano evitare che il
cambio di stagione avvenga in maniera non traumatica.
Articolo di Lucia Annunziata pubblicato il 31 gennaio 2015
su L'HUFFINGTON POST
(1/2/2015 ) |